I GIURISTI (DI MILANO) - E I MECCANICI DEL DIRITTO
(Steg about Steg
Series – 10)
Prologo
Palazzo di Giustizia, Milano, Corso di Porta Vittoria.
Interno.
Anonimo, spaesato: “Scusate, sto
cercando xyz, voi siete pratici?”.
Professor Pier Giusto Jaeger,
accompagnato: “No, mi dispiace, noi siamo essenzialmente dei teorici”.
Questo aneddoto, vecchio di decine di
anni, sintetizza non solo la distanza fra il cittadino che rischia di essere
stritolato dagli ingranaggi kafkiani di un luogo buzzatiano (un babau vero e
proprio), ma anche quella frattura che negli anni andò a crearsi fra Giuristi e
semplici meccanici del diritto.
Non è tanto che le cose si dimenticano, è
che chi le conosce prima o poi muore.
E siccome due aneddoti divertenti qui li
troverete, meglio che ve li racconti.
A costo di essere troppo autobiografico.
Qualche volta, come vedrete, sono solo
passato al momento giusto, ma se non si passa di lì non si valuta il momento.
Sono arrivato alla mia pratica forense
dopo la laurea in modo assolutamente indolore: lo studio del padre del mio
correlatore di laurea (ora professore Ordinario) cercava, appunto, un
praticante.
Lezione uno: non si chiude mai una lettera con “distinti saluti”. Vi sembra poco?
Dipende: io stavo iscrivendomi all’Albo, necessitavo una lettera e quindi - con
un poco di lungimiranza - quella lettera formalizzò una sostanza che sarebbe
arrivata qualche settimana dopo. La lettera chiudeva con “i migliori saluti”.
Lezione due (ma oltre un anno prima): telefono nel primo pomeriggio per parlare con il
mio correlatore. Mi risponde suo padre, con molta cordialità mi dice: “sa a
quest’ora ci sono solo io, faccio anche da segretaria”. Ovvero: l’umiltà ce la
si può permettere quando non è un obbligo, bensì la coscienza di ciò che
accade.
Lezione tre: conoscente di mio padre, gli chiede “cosa faccio” io dopo la laurea; mio
padre gli dice che sono praticante nello studio xyz: il conoscente
retoricamente gli chiede se mi ha fatto entrare lui: mio padre risponde
negativamente. Lo studio è uno dei più prestigiosi di Milano nel diritto
societario, ma io semplicemente per argomento di tesi ero arrivato lì (e anche
divenuto assistente nell’Istituto, sotto la cattedra del mio relatore di tesi).
Lezione quattro: si passa alla lezione
sei: la lealtà è merce rara fra persone piccine, è regola di vita fra
persone che si rispettano: ovvero come “Stefano” fu elemento di miglior
trattativa per il “good-bye fee” di suo padre.
Lezione quattro: “qui ti butti in acqua, se sai nuotare bene, altrimenti anneghi”.
Lezione cinque: “se tieni il muso per più di cinque minuti non hai molto da fare”.
Il muso di solito lo tengono le segretarie che magari vincono, ma vincendo
uccidono il loro posto di lavoro.
Ho cominciato a lavorare quando solo
negli studi dei penalisti e negli studi dei civilisti di prestigio si lavorava
anche il sabato mattina.
D’altronde, dopo la prima settimana di
lavoro anche io uscivo passate le 19.30, sempre.
Una mattina, il dominus dello
studio, per strada, mi raccontò - non so perché - de les Encroyables e
del loro nastrino rosso al collo (in verità il nastrino era appannaggio delle Merveilleuses).
Mi aveva già detto che a me la
professione di avvocato evidentemente “faceva schifo”.
Mi aveva anche detto che io ero “affidabile”,
e che nella vita pochi sono affidabili (gli ho sentito dire più di una volta: “zzz
è inaffidabile”, un marchio a fuoco).
Ricordo, anche, che un giorno - a fronte
dell’ennesima messe di atti e contratti e lettere da correggere scaraventata o
quasi sulla sua scrivania, tanto “il Professore dorme poco” - egli disse: “ma
se io muoio stanotte, voi come fate?”.
Il Professore (così lo chiamavamo, anche
se lui premetteva il titolo di avvocato nei rapporti formali) dava del lei solo
alla collaboratrice donna, e alle segretarie (lezione non troppo piccola:
chi passa al “tu” con le segretarie, non finisce bene).
Salto nel tempo.
Quello che doveva essere non era stato,
e anche se con reciproca correttezza ...
Prima intervista in un altro studio
legale: diciamo che “passavo dal Col Moschin ai Marines”, se ce la avessi
fatta. Domanda di chi mi intervistava: “ha visto il nostro annuncio sul
Corriere della Sera?”. Mia risposta: “no, ho esaminato gli studi legali
di Milano presenti sul Martindale’”. Assunto, ma ... Beh diciamo che si
erano affezionati a me nel Col Moschin, il passaggio richiese qualche mese.
Nuovo studio, trovo due veri signori,
anzi due gentiluomini dandy.
Nota
tecnica: questo post fu scritto tre anni fa.
In
memoriam di (in ordine di apparizione nella mia vita):
Professor Pier Giusto Jaeger; Avvocato Professor Mario Casella; Avvocato Aldo Maugeri,
Avvocato Giuseppe “Pipetto” Ansaldo; Avvocato Michele Capodanno.
Steg
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