LA
MARCHESA LUISA CASATI
(o del tentativo di rendere consumabile l’inconsumabile, a tacere del “camp”)
Incappai nella
figura e nella vita della Marchesa Luisa Casati (
) nel
2003, in ragione di una
recensione nemmeno tempestiva (
)
dell’edizione italiana di
Infinite
Variety – The Life and Legend of the Marchesa Casati (
).
Ebbi fortuna:
esistevano ancora le librerie, e trovai una copia nella prima in cui entrai
all’uopo.
Ebbi una seconda
fortuna: contattai nei giorni successivi l’editore della precedente (e credo
prima) biografia della Marchesa Casati e esso ancora disponeva di copia del
volume di Dario Cecchi, intitolato
Coré
– Vita e dannazione della Marchesa Casati
(
) che
mi inviò prontamente.
In seguito
acquistai anche l’edizione originale e quella francese di Infinita varietà, posto che esse hanno illustrazioni in parte
diverse.
Terza fortuna:
anni dopo rinvenni casualmente (ma non senza metodo (
)) copia
di
La divin marchesa, volume di
“contributi” di vari autori edito (
)
pressoché in contemporanea con l’opera di Cecchi.
Dopo il
2003 in Italia direi il
nulla e ciò mi sembra adeguato all’indole della nazione: in fondo Luisa Casati
è semplicemente una voce senza fotografia a pagina 50 di
Camp – The Lie That Tells The Truth (
),
volume di struttura enciclopedica che ancora oggi credo sia il miglior punto di
partenza per la non definibile posa/attitudine/(altro?) che è il “camp” (
).
Probabilmente è
più conosciuta di lei la sua lontana “familiare acquisita” (ma anche lei non
era nata “Casati” e dal marito si separò): quella Casati, nata Anna Fallarino (
) e
marchesa anch’ella per matrimonio, uccisa dal marito (
) Camillo
Casati Stampa di Soncino (
) il
30 agosto 1970 (
).
Ora ecco che,
c’è da chiedersi con che previsioni di esito, Luisa Casati riappare alla fine
del 2014 come soggetto di una mostra che sin dal titolo sembra un rifacimento:
“La divina marchesa”. Sede dell’esibizione l’indubbiamente
délabré, come tale perfetto, e certo non luminosissimo Palazzo
Fortuny di Venezia; evidentemente non era possibile chiedere quel Palazzo
Venier dei Leoni che per quasi tre lustri fu di proprietà della Marchesa (
).
Indipendentemente
dal numero dei visitatori dell’esposizione, mi domando che cosa capiranno essi
dell’esprit de “la Casati”, credo
nulla.
In una città
dove il turismo peggiora per grado di volgarità (
),
nazionale ed estero, in un mondo dove, forse, è meglio andare in gondola a Las
Vegas (o in Cina?), che senso ha rievocare i fasti scellerati ed unici, dunque
non massificabili siccome non ripetibili e consumabili una sola volta, di
questa pirotecnica “femmina folle” (
) e “di
lusso” (
), forse non bella ma
evidentemente in grado di ammaliare uomini non certo da poco?
E fra quanti
anni (o mesi?) vedremo le copie invendute del catalogo diventare prima carta da
macero e poi rarissime?
Vi sembrano
evanescenti queste righe? Può darsi: sono un poco camp anche loro.
Steg
Tutti i diritti riservati/All rights
reserved. Nessuna parte – compreso il suo titolo – di questa opera e/o la
medesima nella sua interezza può essere riprodotta e/od archiviata (anche su
sistemi elettronici) per scopi privati e/o riprodotta e/od archiviata per il
pubblico senza il preventivo ottenimento, in ciascun caso, dell’espresso
consenso scritto dell’autore/degli autori.