LA
MARCHESA LUISA CASATI
(o del tentativo di rendere consumabile l’inconsumabile, a tacere del “camp”)
Incappai nella
figura e nella vita della Marchesa Luisa Casati ([1]) nel 2003, in ragione di una
recensione nemmeno tempestiva ([2])
dell’edizione italiana di Infinite
Variety – The Life and Legend of the Marchesa Casati ([3]).
Ebbi fortuna:
esistevano ancora le librerie, e trovai una copia nella prima in cui entrai
all’uopo.
Ebbi una seconda
fortuna: contattai nei giorni successivi l’editore della precedente (e credo
prima) biografia della Marchesa Casati e esso ancora disponeva di copia del
volume di Dario Cecchi, intitolato Coré
– Vita e dannazione della Marchesa Casati
([4]) che
mi inviò prontamente.
In seguito
acquistai anche l’edizione originale e quella francese di Infinita varietà, posto che esse hanno illustrazioni in parte
diverse.
Terza fortuna:
anni dopo rinvenni casualmente (ma non senza metodo ([5])) copia
di La divin marchesa, volume di
“contributi” di vari autori edito ([6])
pressoché in contemporanea con l’opera di Cecchi.
Dopo il 2003 in Italia direi il
nulla e ciò mi sembra adeguato all’indole della nazione: in fondo Luisa Casati
è semplicemente una voce senza fotografia a pagina 50 di Camp – The Lie That Tells The Truth ([7]),
volume di struttura enciclopedica che ancora oggi credo sia il miglior punto di
partenza per la non definibile posa/attitudine/(altro?) che è il “camp” ([8]).
Probabilmente è
più conosciuta di lei la sua lontana “familiare acquisita” (ma anche lei non
era nata “Casati” e dal marito si separò): quella Casati, nata Anna Fallarino ([9]) e
marchesa anch’ella per matrimonio, uccisa dal marito ([10]) Camillo
Casati Stampa di Soncino ([11]) il
30 agosto 1970 ([12]).
Ora ecco che,
c’è da chiedersi con che previsioni di esito, Luisa Casati riappare alla fine
del 2014 come soggetto di una mostra che sin dal titolo sembra un rifacimento:
“La divina marchesa”. Sede dell’esibizione l’indubbiamente délabré, come tale perfetto, e certo non luminosissimo Palazzo
Fortuny di Venezia; evidentemente non era possibile chiedere quel Palazzo
Venier dei Leoni che per quasi tre lustri fu di proprietà della Marchesa ([13]).
Indipendentemente
dal numero dei visitatori dell’esposizione, mi domando che cosa capiranno essi
dell’esprit de “la Casati”, credo
nulla.
In una città
dove il turismo peggiora per grado di volgarità ([14]),
nazionale ed estero, in un mondo dove, forse, è meglio andare in gondola a Las
Vegas (o in Cina?), che senso ha rievocare i fasti scellerati ed unici, dunque
non massificabili siccome non ripetibili e consumabili una sola volta, di
questa pirotecnica “femmina folle” ([15]) e “di
lusso” ([16]), forse non bella ma
evidentemente in grado di ammaliare uomini non certo da poco?
E fra quanti
anni (o mesi?) vedremo le copie invendute del catalogo diventare prima carta da
macero e poi rarissime?
Vi sembrano
evanescenti queste righe? Può darsi: sono un poco camp anche loro.
Steg
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pubblico senza il preventivo ottenimento, in ciascun caso, dell’espresso
consenso scritto dell’autore/degli autori.
[1] Nata
Luisa Ammann, ricca famiglia di imprenditori, a Milano, nel 1881.
[2]
Segnalatami essa sì tempestivamente, da EKS.
[3] Gli
autori sono Scot D. Ryersson e Michael O. Yaccarino, il volume ebbe una prima
edizione negli USA nel 1999.
Infinita varietà – Vita e
leggenda della Marchesa Casati il titolo italiano, edita da Corbaccio
(Milano).
[4]
L’editore era, nel 1986, L’inchiostro blu di Bologna.
Coré era l’appellativo con
cui usualmente Gabriele d’Annunzio, suo amante e amico, apostrofava la
Marchesa.
[5]
Passare a spazzola (se non a pettine) i
banchi di libri usati richiede discreti esperienza, allenamento e tecnica.
[6]
Formalmente da Edizioni Ritz Sadler, sempre Bologna, sempre 1986. Notate la
troncatura dell’aggettivo nel titolo, a ricordare il Marchese De Sade.
[8] Chi
fosse interessato può anche (ma non solo) leggere i due volumi curati da Fabio
Cleto, PopCamp, Milano, Marco Y
Marcos, 2008 come numero 27 della rivista Riga.
[9] Nel
1929.
[10]
Omonimo del marito di Luisa siccome ne è il figlio (non della Marchesa).
[11]
Località che diede i natali a Piero Manzoni.
Marito che ne uccide anche
l’amante e poi si suicida, sempre con il fucile da caccia.
[13] Oggi
è sede, dopo essere stato dimora della “Siora Peggy”, del museo Collezione
Peggy Guggenheim.
[14] Ma
quelli con le buste sottovuoto di salumi al Vittoriale di d’Annunzio non sono
da meno.
[15]
Cito Erich von Stroheim ma solo perché mi piace la definizione, senza seguire il
contenuto del suo film Foolish Wives.
[16] Un
mammifero pitigrilliano? Più una “playlady”.
Learn more about this extraordinary woman:
RispondiEliminahttp://www.marchesacasati.com/index.html
Salve, sono alla disperata ricerca di Core' di Cecchi da anni. Potrebbe aiutarmi? una bella copia scannerizzata...le pago il lavoro. Grazie.
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