Quando morì Andy
Warhol io studiavo a New York.
Vi assicuro che
leggere la notizia di certe morti in loco
è diverso dal saperne a migliaia (o centinaia) di chilometri di distanza.
Lo specifico
subito: dopo aver pensato al titolo del post, mi è tornato alla mente che lui
non voleva essere “painter” bensì “tap dancer”.
Nel febbraio
1987 erano tutti vivi, eccetto Billy Murcia e Truman Capote e la povera Edie ([2]) ([3]).
Quindi Gotham
City restava immortale anche se imperfetta.
Ecco perché
quella figura curiosa, albina come un coccodrillo delle fogne della città,
sopravvissuta all’attentato di Valerie Solanas del 1968, non avrebbe potuto mai
morire. E invece ..., e io ero lì a leggerne fra i molti e doverosi tributi della
stampa, seduto di pomeriggio nel vagone di un treno alfanumerico ([4])
diretto uptown.
Poi si tratta
solo di ordinarli per data, non ha alcuna utilità farlo, i caduti figli o anche
solo adottivi della New Amsterdam: Zoë Lund, Johnny Thunders, Joey Ramone, Robert
Quine, William Burroughs, Jim Carroll, Laura Nyro, Arthur Russell, Jam Master
Jay, Adam “MCA” Yauch, J. D. Salinger, ... e tutti quelli che ho dimenticato
(Willy De Ville “vale o no?” si domanderà il completista).
Sempre più
stanca, vecchia e debole la città dell’Uomo Pipistrello cercava di continuare,
rincuorata anche dalla residency di
David Bowie.
Ma adesso? I
nuovi (ex nuovi) proprio non li vedo e non li sento (più?).
Dove sono gli
alfieri dell’electroclash? E “quelli di Brooklin” (scrittura e musica) che è
sempre “la” (ma sarebbe più esatto “il”) nuova Manhattan e non lo diventa mai?
“Adesso” è dopo
il 27 ottobre 2013.
John Lydon
continua a camminare nella neve dell’inverno di inizio 1978 come un soldato in
rotta dalla Russia, i Lovin’ Spoonful continuano a suonare – in mono – “Summer
In The City”, Bob Dylan continua ad abbracciare la sua Suze Rotolo in una foto
che farebbe rabbia a chiunque e, a peggiorare le cose, anche James Dean (zuppo
di pioggia e esistenzialista, oppure spavaldo e asciutto: potete scegliere)
continua a camminare dalle parti di midtown.
Finale romantico: ultima canzone di Transformer: “Good Night Ladies”.
Finale reale: “it’s like that, and that’s the way it is” per dirla con i Run DMC, ed allora ce lo sudiamo
al Red Zone ovviamente con le Adidas lasche, ma declaratorie tanto quanto un
paio di – ovvio – Hudson Boots, come piace a noi.
Phew!
Steg
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pubblico senza il preventivo ottenimento, in ciascun caso, dell’espresso
consenso scritto dell’autore.
[1] Il
riferimento è al titolo di “Sally Can’t Dance” di Lou Reed.
[2]
Sedgwick, lei forse vittima del friendly
fire tossicologico come Billy Doll? E Capote non giovanissimo.
Insomma cose che capitano.
[3]
Neanche un trafiletto per Anya Phillips e Jobriath? Certo non per le masse e,
comunque, entrambi non simboli, nemmeno reietti, della città.
[4] Era la 2 (numero su fondo rosso) o la R (lettera su
fondo giallo)?
“Subway
Train” evidentemente, “peggio dei
Warriors” direbbe qualcuno a me caro; se sai viaggiare nei borough lo sai fare ovunque.
Dimenticavo, a chiudere
questa parentesi sotterranea: dovevate vederli i Guardian Angels nella
primavera del 1983 partire nelle ombre serali in falange gothamita a proteggere
sino alle propaggini la città!
Riscrivo senza errori di battitura.
RispondiEliminaTitoli di coda: 'There Used To Be A Ballpark', Frank Sinatra 1973 (l' album è 'Ol' Blue Eyes Is Back', credo). Non solo ode e lamento per i santi Brooklyn Dodgers che furono, ma a tutto quello che fu, è e sarà. Su New York non si può andare più in là di così, il tutto da un italiano di Hoboken (come Jimmy Roselli, non a caso). Il resto non è nemmeno mancia. Chi lo sa, lo sa -eccome.