VIVEVAMO
DA RE?
(Decibel
2017)
Premessa: il
verso “Morirò con la faccia al vento”
mi piace molto: è tratto da “My My Generation”, canzone che apre e traina (in
trasmissione alla radio da febbraio 2017) Noblesse
Oblige, terzo album dei Decibel con in formazione Enrico Ruggeri, uscito
nel marzo 2017.
Però negli anni,
avendo imparato da autodidatta a usare anche internet per le informazioni,
controllo e trovo: “
Lui che offrì la faccia al vento/la gola al vino e
mai un pensiero/non al denaro, non all'amore né al cielo”: canzone di Fabrizio De Andrè, “Dormono sulla
collina” ([1]).
Ma la strofa decibeliana – per intero “Morirò con la faccia al vento/Mai
contento/Soddisfatto mai” – è una chiamata alle armi, non invece il riposo
eterno del guerriero, come conferma il name
dropping nella stessa lied di
artisti influenti per il gruppo milanese ([2]).
Curioso rapporto
quello fra il pubblico di Enrico Ruggeri (in accezione solista e non) e lui,
l’artista (gli artisti).
Conosco
abbastanza, almeno per adiacenza urbana e coincidenza generazionale, questo
signore che a sessant’anni si esalta scalciando alto in aria sul palco. Egli
non ha mai avuto le ambizioni esibizionistiche da
rock ‘n’ roll star, sebbene si sia concesso anche la citazione
autocritica in “Una fine isterica” (
[3]).
Conosco
personalmente un pochino altri due Decibel; non i due che hanno condiviso le
luci con lui nel 2017, e cioè Silvio Capeccia e Fulvio Muzio.
Che dire? Erri
Longhin ebbe una carriera artistica parte di un duo in ambito “dark”
(banalizzo), mentre Pino Mancini da circa un quarto di secolo preferisce
gestire, anche come pizzaiolo, un piccolo locale in un quartiere storico di
Milano.
Il concetto di
coerenza esistenziale è inafferrabile, persino il concetto perché cercarne
anche solo una nozione sarebbe tempo perso.
Ricordo la
presentazione di un libro narrativo di Ruggeri: gli chiesi a margine perché non
si ristampassero i dischi dei Decibel, lui mi rispose circa che era cosa
vecchia e che probabilmente non sarebbe accaduto per molti anni ancora. Era il
16 novembre 2012. Ecco.
Cosa è accaduto?
Al di fuori delle versioni ufficiali, evidentemente (e anche di certi gangli
giuridici che quasi tutti, cioè coloro che la musica la ascoltano e basta,
ignorano).
Il titolo di
queste righe nasceva per stizza di acquirente (
[4]), ma
forse ha acquisito altro significato (senza però guardare ad altro (
[5])).
Provo a
sintetizzare.
Ci siamo noi:
che siamo andati avanti, ma senza rinnegare nulla e che abbiamo fatto tesoro di
quel che scoprivamo man mano come ho scritto e detto molte volte. Lo spirito
del punk: da una canzone arrivi a un libro perché lo cita un artista che ti
piace.
Poi ci sono gli
altri: innanzitutto, e purtroppo per noi, quelli che contrariamente alle nostre
sensazioni non erano come noi, bensì semplicemente erano della nostra stessa
generazione (di cultura, passioni consumi) e basta (
[6]). Per
noi sono invecchiati male.
Seguono quelli
che mantengono una passione come àncora per andare avanti: se non sono
monomaniaci appaiono come tutte le persone che indossano un costume o una
tenuta sportiva, e poi tornano agli abiti normali.
Sono certo che i
fedelissimi di Enrico Ruggeri facciano almeno parte della seconda categoria
degli “altri”; ovviamente non mi spingo più in là, non conoscendoli.
Ma che fatica
devono fare! Ovvero quelli che al concerto milanese 2017 (
[7])
invecchiati (in fondo erano formalmente 40 anni dopo) sono accorsi sotto il
palco (secondo istruzioni?) cosa hanno in casa di The Sparks? Cosa conoscono
degli Ultravox con John Foxx (
[8])?
Riconoscono lo stile – riprodotto in modo pedissequo – del tastierista Dave
Greenfield (The Stranglers) nei Decibel di quest’anno?
E le figlie –
orrore i genitori con i figli: tutti amici e nessuna tensione generazionale
positiva – non comprendono che dopo aver ascoltato “Fashion” (
[9]),
tornate a casa dovrebbero buttare via il loro vestiario?
Dunque?
Consci del tempo
che passa, ci diciamo, noi i “noi”, che almeno abbiamo vissuto da re o quasi e
che non ci sentiamo molto diversi da allora.
Se è così,
allora rinnegare il proprio passato sarebbe stupido ed infatti non lo facciamo,
e mostrare che una parte di noi è quella di 40 anni fa (
[10]) va
bene, senza forzare troppo le cose e il nostro aspetto.
NOTA
CITAZIONISTICA: la canzone “Vivo da re” è contenuta nel secondo album dei
Decibel, che porta lo stesso titolo. Di essa esistono numerose versioni (anche
dal vivo) nella discografia solista di Enrico Ruggeri; altra e più recente
versione è inclusa in Noblesse Oblige,
il quale comprende in edizione deluxe anche una versione in lingua inglese
(così fu composta) dal titolo “Leaving Home”. Una sorta di citazione di canzone
e album si rinviene nella già ricordata canzone “Una fine isterica”.
Steg
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consenso scritto dell’autore/degli autori.
[1] Molto Spoon River nello stile, dall’album Non al denaro non all’amore.
[2]
Pratica che ricorda quella di “Thank You” dei Chrisma contenuta nell’album di
esordio Chinese Restaurant.
[3] Parte
del suo primo album solista Champagne
Molotov.
[4] Io,
la versione “deluxe” di Noblesse Oblige
la ragione.
[5] Mi riferisco a When We Were Kings: film dedicato a Cassius Clay.
[6]
Scopri decenni dopo che certi amici erano poca cosa; magari fuochi di paglia
travestiti da fini pensatori. Sbadigli assicurati se li rivedessi. Ed allora –
inciso fuori tema (ma non troppo) – che senso hanno le cene con i vecchi
compagni di scuola?
[7]
Teatro della Luna, 10 aprile 2017. Ovviamente scrivo di ciò che ho visto.
[8] Con e
senza punto esclamativo …
[9] Non quella di David Bowie.
[10] 38 e
½ circa: i due concerti dell’ottobre 1978 in cui i Decibel aprirono a Milano per
Adam And The Ants. Ne ho già scritto.