IL SAPORE ANCHE AMARO DEI GUNS ‘N’ ROSES
Nel vento fischiano i Guns ‘N’ Roses.
Duri, eppur poetici, conosciuti dalle masse, eppur paladini dei negletti.
Quasi è più facile scrivere dei Rolling Stones, almeno all’apparenza.
Incespica nelle liriche Axl per distillare la verità di “Welcome To The Jungle”.
Axl che si copre di tatuaggi per non affondare nei tratti delicati del proprio viso.
E che dire del più keif-ico di tutti gli allora giovani chitarristi, Slash ([1])?
Del resto non sono forse quasi morti artisticamente mentre aprivano concerti per i Rolling Stones?
Le t-shirt che sanno di punk di Izzy Stradlin, ma gli stivali con qualche filo d’erba di prateria misto al grasso di una catena di motocicletta, le cartucciere alla cintola che riconoscono anche il retaggio dei Motörhead.
È un baedeker visuale di ribellione, quello dei G’N’R, che ammicca ovviamente non all’ascoltatore casuale bensì al seguace delle diecimila copie di Live ?!*@ Like A Suicide prima dei 28.000.000 di copie di Appetite For Destruction.
L’onestà artistica nel riconoscere ciascuna delle loro ispirazioni ha portato più di un kid ad ascoltare canzoni altrimenti destinate ad un ingiusto dimenticatoio (rammento il caso di “It’s Alright” dei Black Sabbath il cui parlato serve per introdurre “November Rain” durante il Get In The Ring Tour).
Soluzioni facili? No grazie.
Ecco quindi “One In A Million” che non deve essere in alcun modo giustificata: prendere o lasciare. Io la prendo, con quelle chitarre dalle corde che non potrebbero suonare più sporche e più acustiche al tempo stesso.
Use Your Illusion è Moby Dick: quattro dischi per espiare ogni colpa e quindi albatros musicale impossibile da rispettare.
A mio arbitrario scegliere, sono costretto a indicare “Coma” - vero viaggio nel buio - e “Estranged” - funesta auto analisi - in un panorama più che abbondante e ricco.
Si arriva cosi a The Spaghetti Incident, neanche degnato di considerazione da molti critici.
È il ritorno agli ideali diecimila (anche se moltiplicati più volte), Spartani senza guida verso le proprie Termopili senza gloria.
Si tratta “del Pin-Ups” dei G’N’R, un album che ha il solo difetto di non essere doppio e l’ulteriore pregio di aver concesso ([2]) un poco di serenità economica a qualche artista non uso a essere un best seller oppure agli eredi.
Cito “Ain’t It Fun”, evidentemente, qui in una forma che non segue pedissequamente la versione dei Dead Boys, bensì si rifà anche a quella di Peter Laughner and friends (che ossimoro cinico!) ([3]) con la chitarra che scarifica come quella arrugginita di Neil Young di “Hey Hey, My My (Into The Black)”.
Ma è già finito tutto ([4]).
Steg
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[1] Sebbene Axl e Slash fossero spesso accostati anche, e forse più volte, ai “toxic twins” Steven Tyler e Joe Perry degli Aerosmith.
[2] Grazie alle percentuali in termini di “diritti d’autore” quanto alle opere musicali interpretate.
[3] O dei Rocket From The Tombs: in effetti manca la parte introduttiva parlata con cui Laughner la dedicava a Jane Scott, ma considerando che nel frattempo era morto anche lui, forse si è evitato il cattivo gusto.
[4] Un bell’articolo in taglio basso di Matteo Persivale pubblicato il 6 febbraio 2012 sul Corriere della Sera è accompagnato da due foto di W. Axl Rose: quella contemporanea mostra uno scempio; da ricerche effettuate sul web però l’immagine sembra falsa (mancano infatti tutti i tatuaggi sulle braccia di Axl e pare improbabile che se li sia fatti rimuovere nella totalità).
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