QUALCHE CONSIDERAZIONE SU
LLOYD JOHNSON E SU JOHNSON’S
Stamattina arriva una busta (quelle belle manilla che subito profumano di buono, cioè di Gran Bretagna) che, ritengo, sia semplicemente la parziale spedizione di un ordine ([1]).
E invece no.
Dopo aver scritto a Paul Gorman e poi (non si può richiedere tre volte una cortesia) direttamente presso il sito “di Johnson’s”, per comprare una copia del piccolo catalogo (quasi una fanzine) della mostra londinese di marzo 2012 che non ho potuto visitare, avevo archiviato la cosa, un poco spiaciuto.
Ma quale è il contenuto della busta? Ma una copia del catalogo, con tanto di dedica di Lloyd Johnson: “If it’s not fun! It don’t be done!”.Thank you Lloyd!
Johnson con i suoi negozi è una leggenda nell’abbigliamento “pashionale” ([2]).
L’elemento caratterizzante è dato dal fatto che, a differenza di Biba, Sex/Seditionaries e Boy per gli scorsi anni settanta e a differenza di tutta la pletora di negozi della decade precedente (sono davvero tanti degni di nota, da Carnaby Street a King’s Road), Lloyd Johnson aveva mantenuto una credibilità e una desiderabilità oltre un solo stile (addirittura facendo convivere capi mod con altri rocker) sfociando in un cross-over dove si poteva scegliere fra l’eccentrico e il quasi dandy (sapendo scegliere, naturalmente), mescolando clienti famosi e non.
Il tutto attraversando svariati lustri.
Si pensava fosse invincibile, ma invece un certo giorno, più o meno intorno alla metà degli ultimi anni novanta Londra era Johnson’s-less (io ricordo due negozi nella zona di King’s Road e gli stall al Kensington Market).
I giapponesi – cui fra l’altro Johnson aveva dedicato una collezione non proprio di basso profilo: ricordo una camicia grigia con delle piccole bombe da aereo stile WWII in rosso stampate sopra: quanti concerti ha fatto con me! – hanno cominciato ad accumulare e fra il 2009 e il 2010 hanno dedicato a questo stilista ([3]) almeno un volume catalogo coloratissimo, difficile da trovare e anche costoso date le spese di spedizione ([4]).
Nel 2012 Johnson’s ricomincia con un suo marchio: “La Rocka!” e il sito www.larocka79.com.
Al momento nel catalogo mancano le calzature, un capitolo a sé stante; se si considera che Johnson’s ha fornito anche Johnny Thunders, al quale The Clash devono i loro Hudson boots, forse il dato appare più chiaro.
Io mi tengo stretti i miei boots: biker, Vincent e Jod’s, oltre a due camicie e un gilet, tutti originali.
Per chi fosse incuriosito, rinvio agli scritti ed alle immagini in argomento di Paul Gorman, e di Nick Logan (per quest’ultimo un breve articolo di presentazione nel catalogo della mostra londinese e per i più intrepidi quanto scritto nel numero 1 di The Face del maggio 1980) oltre al tomo nipponico citato.
Steg
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[1] Per i curiosi: un programma di concerti di Marc Almond.
[2] Cfr. i miei post “White trousers” e “McGeochisms”: https://steg-speakerscorner.blogspot.com/2011/09/white-trousers-passion-is-fashion.html .
https://steg-speakerscorner.blogspot.com/2011/10/mcgeochisms.html
[3] Aneddoto per gli amanti dello “stile alla carbonara”: con discreto ritardo, in Italia Rettore adottò la collezione nipponica di cui sopra.
[4] ISBN 978-4-9904136-0-6. Titolo chilometrico: Good Lookin Sexy Kool Kat’s MOTOR-LUCIFER ROCKABILLY ROCKERS II.
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