NOUVEAU POLAR:
JEAN-PATRICK MANCHETTE E HUGUES PAGAN
(qualche
considerazione, indotta, sulla letteratura)
Parto dalla
definizione del titolo del post:
“nuovo policier+noir”.
Si presuppone un
genere, letterario, la sua codificazione, l’arrivo di autori in grado di
innovarlo. Beh, sembra facile: è letteratura di genere (o sono due tipi di una letteratura di genere raccolti nella crasi icebergica?), quindi definibile e pertanto di agevole evoluzione.
Magari!
Io disprezzo
Andrea Camilleri ([1]), infatti piace molto a
chi in questo blog più che per
sbaglio potrebbe arrivare per punizione ([2]).
Non sono però
neanche un cultore di Maigret (policier
di sicuro, noir almeno talvolta), pur
avendo letto svariati romanzi e molti racconti scritti dal belga George Simenon
di cui il commissario è protagonista e apprezzandone taluni.Come forse ho già dato a intendere altrove in queste pagine elettroniche, ho letto: Raymond Chandler (molto), Dashiell Hammett (abbastanza ([3])), tutto il ciclo di Tom Ripley e altro di Patricia Highsmith ([4]), Ed McBain dell’87th District (abbastanza in quanto ha scritto molto), Giorgio Scerbanenco (ben oltre il genere), Ken Bruen (fino a un certo punto ([5])), Philip Kerr (i primi tre ([6])), i romanzi di Boris Vian firmati Vernon Sullivan, Anthony Frewin, …, di Carlo Lucarelli ho delle edizioni che forse farebbero la gioia di qualche collezionista, di Andrea G. Pinketts ho già scritto qui.
Ho anche letto un romanzo di Jean-Claude Izzo e un paio di Massimo Carlotto: poi mi sono fermato in quanto non vedevo grandi novità e vedevo troppa estrema sinistra, diciamo così ([7]).
Pour la France: mi sono letto qualche Fred Vargas, niente di che.
Ho avuto la
fortuna di incontrare Jean-Patrick Manchette in una bella edizione (la prima in
Italiano) pubblicata da Metrolibri, nel 1992, di La Position du tireur couché. Allora non feci caso al fatto che era
venduta a metà prezzo ([8]).
Da alcuni è ritenuto il capolavoro di questo autore francese, considerato il capostipite
del nouveau polar.Buona fortuna per chi cerca questo romanzo tradotto e ancora ama leggere i libri sfogliandone le pagine ([9]), comunque continua a intitolarsi Posizione di tiro.
Manchette era
secco, essenziale, sempre. In tutti i suoi romanzi.
Manchette
scriveva sempre il “.” prima del numero di calibro delle armi da fuoco, non si
tratta di un dettaglio. Manchette era di sinistra, molto ([10]).
Manchette era anche giornalista.
Manchette non amava serializzare i suoi protagonisti.
Manchette all’imperfetto in quanto morto di cancro ai polmoni, dopo un tumore al pancreas, nel
Ce n’è di Manchette da leggere, se si legge in Francese.
Ho avuto la
fortuna di incontrare Hugues Pagan (cui auguro lunga vita), ma troppo tempo
dopo Manchette, nella stessa libreria, sempre a metà prezzo.
Quindi c’è un
problema: autori riconosciuti come qualitativamente molto bravi in Francia in
Italia non piacciono perché … io credo perché troppo intelligenti e colti:
citare un marchio come Gretsch in un’opera narrativa a che serve?
Pagan è in
alcuni aspetti l’opposto di Manchette: certo non esile nella prosa, ma
spezzettato nel periodare ([11]).
Non avaro nelle descrizioni che sfiorano l’autobiografia (è nato pied-noir). Pessimista e non “solare”
(per fortuna!) come anche Manchette. Anche Pagan serializza poco. Pagan
ambienta spesso a Parigi. Ritrovo, rinfrancato, “.” prima del calibro.
Insomma, una
sorta di appaiamento ideale, più che sostanziale, per me fra questi due autori.Gli è che Pagan non scrive più, da un sacco di anni.
Un titolo, anche se è l’ultimo di una trilogia: La notte che ho lasciato Alex ([12]).
Aspettando, senza crederci, l’erede vero di Giorgio Scerbanenco; probabilmente arriverà prima un altro francese.
Tant pis!
Steg
POST SCRIPTUM
“… si torna sempre là, le strade, i porti e la
pioggia, gli usci socchiusi e i neon cruenti e spettrali, i marciapiedi senza
fondo, le raffiche di steel guitar
sparate su un fianco, a spazzare via tutto, i canali di scolo e le stanze
disseminate di detriti e vetri in frantumi, di lamenti e di spade, di chiazze
di sangue e fango, di lampi elettronici – no future – e di facce livide… difficile trovare la luce. Racconti di morte
tranquilla e di obitori stracolmi. Cortei di Cadillac e giovani visi esangui,
abiti per diecimila franchi e ascessi purulenti su braccia dalle vene indurite,
dalle ossa di alluminio, dai tendini di vetro… Un giorno o l’altro, si deve
scegliere da che parte stare e non muoversi più.” (Hugues Pagan, In fondo
alla notte, Padova, Meridiano zero, 2007, a p. 159; titolo originale Les Eaux mortes, Paris, Rivages, 1987).
Avete letto
bene: 1987 quale data di pubblicazione e si tratta di un romanzo nouveau polar.
Adesso prendete la vostra brava tavola sinottica e fate le verifiche del caso:
cosa offriva l’Italia nel 1987?
Steg
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[1]
Attenzione: nella stessa antologia (quello di Camilleri di racconto l’ho letto,
non mi è piaciuto, ho visto che lui ne era l’autore, non ci avevo fatto caso.
Fine) ho letto anche Santo Piazzese e di questo scrittore ho letto tre romanzi
ambientati a Palermo. Questo per evitare commenti a vanvera su Italia, Sicilia,
eccetera.
[2] Lo
Speaker’s Corner di Steg è ben difeso: vanno dritte dritte alla “real pain” queste persone che non sono
neanche “sham friends”.
[3] La chiave di vetro mi colpì in quanto
sino a oltre metà della lettura, non mi ero mai posto il pensiero che esso
fosse ambientato decenni prima.
[4] Per
questa ed altri autori, il “genere” è forse dato dalla presenza di violenza, le
loro qualità letterarie non si discutono.
[6]
Grazie Anna, RIP Anna.
[7] Per
qualche altro contemporaneo italiano, andate a cercare un poco fra i post precedenti, se del caso.
[8] Già
in Euro, nel primo Libraccio aperto a Milano.
Non è un mero dettaglio
aneddotico.
[9] Tempo
fa a Parigi sono andato a cercarmi la prima edizione, uscita per Gallimard
nella collana Série noir. È il numero
1856, del 1982. La mia copia è costata 8,00 Euro, nuova che ancora la colla e
la carta fanno rumore.
[10] Di
nuovo: nessun pregiudizio di territorio, di orientamento ideologico.
[11] Lo
ho notato subito, come avrei potuto non farlo?
[12] Sic!
per la titolazione (non c’entra nulla con il titolo in originale), che fa il
paio con La notte che bruciammo Chrome
(William Gibson) ma lì siamo al cyberpunk.
[13] Mi
piace quest’espressione in quanto mi ricorda una canzone fra le mie preferite
di CharlÉlie Couture dal medesimo titolo (riferimento leninista?).
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