LE
RECENSIONI HANNO UN SENSO?
Quando ho
recensito, l’oggetto erano opere dell’ingegno della fantasia non recenti,
oppure opere documentaristiche oppure di critica e/o bibliografia.
In altri
termini, ho sempre cercato di evitare di dare giudizi artistici contingenti.
Quello che
leggo, invece, mi sembra un troppo contingente.
Due esempi: un
settimanale specializzato come La Lettura
(abbinato al Corriere della Sera)
attribuisce un voto alle copertine dei libri: orbene da un lato per anni si
sono canzonati coloro che – facoltosi ma con modesto passato culturale –
ordinavano metri di volumi, tutti ben rilegati uniformemente; dall’altro qualche
tempo dopo sono divenuti oggetto di dileggio anche coloro che “per non sbagliare”
compravano prevalentemente libri pubblicati da certi editori (schierati a
sinistra).
Quindi reputo
che recensire sempre le copertine sia assolutamente fuori luogo anche se si
ragionasse da bibliofili ([1]).
È appena uscito
il nuovo album di Adam Ant ([2]) e
cercando altro sono incappato su Internet in una recensione in Italiano
divertente, ma inutile: dichiarare contemporaneamente che si tratta di un album
molto bello, ma troppo lungo, ma da voto 5 in una scala che arriva a 10 non ha senso
alcuno.
Ancora più
confuso è il lettore se si legge quella, breve, del NME (negativa) dopo aver
letto per mesi giudizi positivi in interviste ad Adam Ant.
Modesta
conclusione: o la recensione è scritta da un autore che piace o che si stima, e
quindi il piacere nel leggere la recensione è la recensione ([3]), o
invece la recensione è utile solo nella descrizione del suo oggetto.
In ogni caso senza
giudizi categorici ([4]), per
favore: troppi libri e troppi fonogrammi (e anche videogrammi) sostano negli
scaffali o sui pavimenti perché ci si debba fidare del giudizio di qualcuno per
scoprire un capolavoro (un altro!) dimenticato anche da noi stessi che già lo
possediamo.
Steg
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2013 Steg, Milano, Italia.
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può essere riprodotta e/od archiviata (anche su sistemi elettronici) per scopi
privati e/o riprodotta e/od archiviata per il pubblico senza il preventivo
ottenimento, in ciascun caso, dell’espresso consenso scritto dell’autore.
[1] I
quali, se intelligenti, sanno che collezionare una “collana” non è garanzia
della assoluta qualità dei volumi che la compongono. È solo collezionismo o
devozione per certi direttori editoriali.
[2]
Scrivo nel febbraio 2013 ed esso si intitola Adam Ant Is The BlueBlack Hussar In Marrying The Gunner’s Daughter.
[3] Penso
a una splendida recensione di John Niven a proposito del, allora non ancora
uscito (era la primavera 2009) Journal For Plague Lovers dei Manic Street Preachers. L’autore ben
conosce la band gallese e ha scritto
anche qualche libro, fra cui Kill Your
Friends (se siete curiosi).
Cosi ho evitato di
menzionare “i soliti” grandi giornalisti musicali.
[4] Unica
deroga alla non descrizione della confezione è quando essa è particolare: penso
a Metal Box dei PIL.
Ma già Fortunato Depero
aveva deliziato con il suo libro “bullonato” (che ancor oggi è copiato, come
testimonia il cofanetto dei Disciplinatha).
L'opera d'arte rivela l'artista, che si cela dietro ad essa: lo sosteneva Oscar Wilde, ovvero uno che a causa di un paio di recensioni astiose venne fatto fuori dalla Top 20.
RispondiEliminaIn Italia si considera da sempre il bicchiere mezzo pieno come una buona via di mezzo: il vino è buonissimo, ohibò, quindi secondo il recensore anche l'album di Mr. Ant lo è, semmai è il bicchiere che è mezzo vuoto. Quindi, voto 5 su 10, così è contento pure Assante.
Anche se quando uscì il terribile 'Imagine' di Lennon gridarono tutti alla bufala, dai fans a Renzo Arbore.
Nel frattempo l'NME non ha ricevuto il promesso invito a cena al locale Mash & Pie da parte del signor Ant, quindi il suo nuovo album è brutto. Implorazione in ginocchio: basta capolavori, qui i bicchieri sono sempre mezzi vuoti dappertutto.