“VORREI
NON POSSO (ESSERE ALMENO UN NOUVEAU RICHE)”
Avevo sugli 8-9
anni, ero in auto con amici di amici (non ricordo chi), a un certo punto con il
guidatore (adulto evidentemente) si cominciò a parlare di automobili: si arrivò
alla “Fiat 850 coupé” e io dissi: “è
un’auto da vorrei non posso”, lui mi rispose: “ce l’ha mia suocera”, ribattei: “rimane da vorrei non posso”.
“Vorrei non
posso” (o “vorrei ma non posso”) significa desiderare qualche cosa che non si
può, o non si può normalmente, avere in proprietà a causa del proprio ceto
sociale. Quando il “vnp” può, solitamente il bene o il luogo non sono più
quello che erano.
Qualcuno lo
assimila al “would-be-ism” (“would like to be”), ma in questo caso il
riferimento è direttamente al soggetto e non all’oggetto.
Evidentemente i
concetti sono, comunque, strettamente legati.
Sentii parlare
per la prima volta di Vermeer ([2])
dalla allora “fidanzata” ([3]) di un
mio amico: Lxxxxa Bxxx. Era il probabilmente intorno al 1990, in quanto direi che
si conversasse del film All The Vermeers
in New York, del 1990.
Qualche tempo
dopo, lei mi chiese in prestito ([4]) Trilogia di New York di Paul Auster, già
introvabile ([5]).
Qualche elemento
comune (non New Amsterdam o Mannahatta, che poi è solo una parte della città,
come potrebbe pensare qualcuno) fra queste due opere c’è: allora, né Vermeer,
né Auster erano popolari al grande pubblico.
Il 7 febbraio
2014 leggo ([6]) che sono stati venduti
110.000 biglietti per la mostra che si terrà a Bologna a partire dall’8
febbraio 2014 nella quale il pezzo più “pregiato” è un quadro di Vermeer ([7]).
La mostra ha un
titolo lungo, che dovrebbe far capire che c’è altro ([8]).
Inoltre essa è dichiarata come realizzata con “Capolavori dal Mauritshuis”.
Bene: certo
tutti sanno dove è il Mauritshuis, no?
Certo tutti
conoscono Vermeer da anni, da prima del romanzo di Tracy Chelaier del 1999 e da
prima del film tratto da questa opera letteraria, vero?
Certo che no!
Eccoli i vorrei-
non-posso-dell’arte, quelli che prendono il sole “a Sharm” ([9]),
magari pensando che si scriva “charme” (quelli che conoscono il Francese), e
che non hanno nemmeno potuto diventare dei nouveau
riche e andare nell’equivalente attuale di “Santa” (Margerita) o “al Forte”
(dei Marmi).
Ormai non ci
combatto nemmeno più, li disprezzo direttamente, questi umani riuniti in masse.
Incidentalmente:
i Vermeer li ho visti tutti da anni ([10]),
mentre dell’edizione Rizzoli della trilogia austeriana ho due copie.
Ancor più
incidentalmente: le mostre “vere” (quelle dove non si mescolano più artisti
usandone uno come specchietto per le allodole) in Italia erano altre: come
quella di Edvard Munch, a Milano, a cavallo fra 1985 e 1986 ([11]).
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pubblico senza il preventivo ottenimento, in ciascun caso, dell’espresso
consenso scritto dell’autore.
[1] Dove
anche le parole fra parentesi sono parte del titolo. Nessun sottotitolo.
Potevo anche intitolarlo
“La bella vita finta e la morte vera – parte seconda”.
[2] “Johannes, Jan
or Johan Vermeer (Dutch: [joˈɦɑnəs jɑn vərˈmɪːr];
1632 – December 1675) was a Dutch painter
who specialized in domestic interior scenes of middle-class
life. Vermeer was a moderately successful provincial genre painter
in his lifetime. He seems never to have been particularly wealthy, leaving his
wife and children in debt at his death, perhaps because he produced relatively
few paintings” (da Wikipedia) .
[4] Ho
sempre prestato molto di rado, nella specie mi fidavo della persona come seria
con “le cose degli altri”.[5] Lungimiranza di Rizzoli editore (adesso la versione italiana è per i tipi di Einaudi).
Quasi un quarto di secolo
fa, non sempre si andava per edizioni originali dei libri: faticoso reperirle
senza internet. E poi non si parlano e leggono tutte le lingue, no?
[6] “Delirio Vermeer, notte bianca per mostra
[6] “Delirio Vermeer, notte bianca per mostra
“Orario
fino a due di notte, già 110.000 le prenotazioni
“07 febbraio, 12:47
“(ANSA) - ROMA, 7 FEB - Alla vigilia dell'apertura è salito a 110.000 il numero dei biglietti prevenduti per la mostra bolognese che porta per la prima volta in Italia La Ragazza con l'orecchino di perla, capolavoro di Vermeer diventato un'icona planetaria dell'arte al pari della Gioconda di Leonardo e dell'Urlo di Munch”.
[7] In realtà ce ne sono due.
[8] “La ragazza con l’orecchino di perla, Il mito
della Golden Age, Da Vermeer a Rembrandt”.“07 febbraio, 12:47
“(ANSA) - ROMA, 7 FEB - Alla vigilia dell'apertura è salito a 110.000 il numero dei biglietti prevenduti per la mostra bolognese che porta per la prima volta in Italia La Ragazza con l'orecchino di perla, capolavoro di Vermeer diventato un'icona planetaria dell'arte al pari della Gioconda di Leonardo e dell'Urlo di Munch”.
[7] In realtà ce ne sono due.
[9] Sharm el-Sheikh, per intero.
Ma ho il dubbio che l’autore
anonimo della notizia ANSA citi, senza nominarlo, Arthur Lubow.
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