"Champagne for my real friends. Real pain for my sham friends" (used as early as 1860 in the book The Perfect Gentleman. Famously used by painter Francis Bacon)



martedì 11 giugno 2024

VIETATO MORIRE ANCHE NELLO SPORT (dedicato a Ayrton Senna e a Nina e Natascha Rindt)

VIETATO MORIRE ANCHE NELLO SPORT

(dedicato a Ayrton Senna e a Nina e Natascha Rindt)

 

In miniera si muore. Non si guadagna molto come minatori.

In miniera muoiono anche i canarini, la cui funzione è salvare possibilmente vite umane (qualche animalista già dissente).

 

Al minuto 53 del documentario Jochen Rindts Letzer Sommer ([1]) si ode questa frase: “we always had a nice black dress in our wardrobe to go to the next funeral”: lo dichiara una ancora affascinante Nina Lincoln, finlandese, di professione modella, sposata Rindt e quindi vedova di Jochen nonché mamma della loro figlia Natascha.

Jochen Rindt: austriaco, unico pilota di Formula 1 ad aver vinto un titolo mondiale da morto. Ma fu anche pilota in Formula 2 dove vinse molto ([2]).

Rindt corse anche contemporaneamente nelle due “formule”, come accadeva per certi piloti altresì nel motociclismo (incluso Giacomo Agostini).

Se si partecipa a molte gare, il rischio di incidenti aumenta: l’asso austriaco dunque si ferisce seriamente nel corso del Gran Premio di Spagna del 1969, poi torna a correre.

Rindt muore sul circuito di Monza, durante le sessioni di qualifica, il 5 settembre 1970 ([3]).

 

Se vedete i documentari sportivi con immagini sino ai primi anni settanta del secolo scorso, vi domanderete: “ma come fanno questi piloti, con quelle tutine da nulla, che fumano prima e dopo la gara”, i centauri addirittura con le partenze a spinta della loro moto … Certo donne e motori a contendersi il fascino dei nuovi cavalieri.

 

Bene, adesso considerate i seguenti dati:

  • Jarno Saarinen, finlandese, pilota di moto: 1 titolo mondiale vinto in classe 250, 48 GP disputati, 15 GP vinti, 32 podi - morto a Monza nel 1973, nessun circuito dedicato in Italia;
  • Renzo Pasolini, italiano, pilota di moto: 1 secondo posto in classe 125, 1 secondo posto in classe 250, 46 GP disputati, 6 GP vinti, 35 podi – morto a Monza nel 1973, nessun circuito dedicato in Italia;
  • Marco Simoncelli italiano, pilota di moto: 1 titolo mondiale vinto in classe 250, 151 GP disputati, 14 GP vinti, 31 podi - morto a Sepang (Malesia) nel 2011, un circuito dedicato in Italia.

 

Passando all’automobilismo di Formula 1, pensate che:

  • a Gilles Villneuve (nessun mondiale vinto in questa “classe”) in Canada è dedicato dallo stesso anno della sua morte (1982) il circuito automobilistico di Montreal,
  • mentre ad Ayrton Senna in Brasile è semplicemente dedicato il circuito interno di Interlagos, quello dove corrono i kart.

Per inciso: a Rindt (morto anche lui “come” Senna ([4])) non è dedicato l’autodromo di Monza.

 

Pur se ha ragione Niccolò Machiavelli: “Perché non i titoli illustrano gli uomini, ma gli uomini i titoli” ([5]), talvolta ci si resta proprio male.

Male in quanto chi glorifica certi sportivi come fuoriclasse quando i secondi morirono come campioni insieme ad altri dimenticati e forse più meritevoli forse contribuisce a rendere mediocre il mondo.

A parte il fatto che sono tutti, quasi campioni, campioni e fuoriclasse (o “assi”) ([6]) morti nella maniera migliore: giovani e facendo quello che amavano fare.

 

Adesso, odiatemi pure: voi che ai funerali applaudite, per di più vestiti come per una gita al mare ([7]).

E andatevi a vedere i campionati “degli ingegneri” – parole di Flavio Briatore (il 20 marzo 2014 a “Griglia di partenza”, in collegamento telefonico) – in formula 1 e in Moto GP sui canali televisivi a pagamento

 

 

                                                                                                                      Steg

 

 

 

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[1] Reperibile qui: http://www.youtube.com/watch?v=ryWOdB2tREM.
Dopo otto anni, quel video non c’è più, accontentatevi di questo (ma la citazione rimane valida): https://www.youtube.com/watch?v=L-DqeZLX9dc
[2] E anche sul gradino più alto alla 24 Ore di Le Mans del 1965 in coppia con Masten Gregory.
[3] Era nato il 18 aprile 1942 a Mainz.
[4] Entrambi trafitti da un “piantone”.
[5] Da: Discorsi sopra la prima deca di Tito Livio.
[6] Mio post: “Ayrton Senna: un asso” https://steg-speakerscorner.blogspot.com/2013/04/ayrton-senna-un-asso.html .
[7]. In argomento rinvio al mio post “’Il pantalone’ e il ‘Caipiroska alla fragola’: il massacro della lingua italiana come alibi per evitare di affrontare molte cose”: https://steg-speakerscorner.blogspot.com/2011/12/il-pantalone-e-il-caipiroska-alla.html

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