MAIDA
VALE: un romanzo “rimuovibile”
(Bambaataa
series – 1)
Comincio con un
aspetto positivo: nasce, forse, questa nuova serie – che si riferisce a una
nota “canzone” di Africa Bambaataa: “Looking for the Perfect Beat” – per recensire
delusioni.
Nota lirica: non
uso il termine “rimuovibile” nel senso anglosassone e in particolare in
riferimento a una precisa canzone ().
Premessa: il
libro di cui scriverò lo ho comprato (come peraltro per me è regola), quindi non
solo non ho vincoli, ma sono deluso che questo romanzo non mi sia proprio piaciuto:
il romanzo è Maida Vale di Michele Benedello ().
Ho infilato fra
le pagine del volume i miei bravi listelli di carta per avere i riferimenti,
che però sono riferimenti a contrario rispetto al mio solito, poiché sono negativi.
Prima
considerazione: questo non è il primo romanzo pubblicato dell’autore, checché
se ne dica – per quale ragione, ormai, non mi interessa più – perché esiste già
Pimlico () ().
Mi duole davvero
essere stato vanamente illuso da questa opera letteraria, perché in questi
semestri di Covid ho letto e riletto così tanto che anche solo nel calcolo
probabilistico ben circostanziato davo per probabile che le aspettative, almeno
quelle minime, di nuovo e piacevole sarebbero state rispettate e, magari, avrei
scritto una recensione positiva ().
Tutta la narrazione
si regge su delle canzoni, di cui peraltro non sono mai citati compositori ed
autori, solo gli interpreti (almeno in un caso egli non è quello originale).
Un dato banalissimo:
in questa storia non c’è nemmeno un personaggio omosessuale o bisessuale o
pansessuale (espressione di Morrissey questa, mi pare. Si rinviene una lata
citazione mancuniana nel titolo della illustre prefazione al testo, ma a questo
punto sembra solo un prestito di parole).
Il fatto che ciò
salti all’occhio del lettore eterosessuale e non giovane quale sono io è peculiare.
La trama è molto
esile, e si anima solo negli ultimi capitoli.
È un romanzo
minimalista allora? Beh non siamo ai tempi del brat pack di Bret Easton Ellis
e Jay McInerney e l’espediente di non dare al protagonista un nome è anche (e
prima) nel romanzo d’esordio di quest’ultimo autore ().
Tutto si risolve
in due realtà – quella del protagonista e quella degli altri – entrambe altrettanto
usuali (e perciò ben note), esse quindi () si
sarebbero valorizzate solamente in una loro grande “scrittura”, la quale qui non
si trova proprio.
Esiste, anche,
una sorta di idiosincrasia dell’autore per certi nomi femminili, i quali
vengono impiegati in accezione negativa: si tratta di amori finiti e name-dropping
di sfogo?
Una ultima annotazione,
a scanso di equivoci: nella saga salgariana Yanez De Gomera non muore (e
neanche Sandokan).
Steg
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