BUENOS
AIRES E OLTRE
(“¡Dame
dos!”)
Secondo una
prospettiva di sistema, scrivere di Buenos Aires e della nazione di cui è
capitale ([1]) è congeniale
al blogger in quanto – per luogo
comune ([2]) – la
capitale dell’Argentina ha (o ha avuto per decenni) la più alta concentrazione
di psicanalisti del mondo.
Io mai mi
rivolgerò a uno psicologo, salva la resurrezione di Sigmund Freud, ma certo non
nego la rilevanza di guardarsi dentro, ogni tanto.
In una
continuità negativa, nonostante la mia passione devota per Ayrton Senna, il mio
disinteresse per il Brasile permane intatto ([3]) e
considero il campionissimo paulista soltanto un argentino nato in una nazione
sbagliata: il trimondiale di Formula Uno era un malinconico assoluto, un gaucho
che montava cavalli vapore e non certo un sambista spensierato. In un mondo
ideale egli avrebbe dovuto ritirarsi gigante, pur se agonisticamente mano a mano con Juan Manuel Fangio
(argentino).
Devo ringraziare
Hugo Pratt, ma soprattutto Alberto Ongaro: sin da quando, ragazzino appena teen, lessi per la prima volta il suo,
secondo libro, Un romanzo d’avventura
e subii il fascino lontanissimo e solitario (non sempre triste e finale, ma ...
([4])) di
quella città assolutamente impossibile da immaginare, ma che confina sempre e
soltanto con la pampa dello hogarthiano Drago, un gaucho fumettistico talmente
estraneo a ogni classificazione che per voi non ha nemmeno senso leggerlo
(oppure sì?).
Dunque fra
leggende future ([5]) delle historieta e passati fasti bruciati dal
cinema con improbabili cavalieri dell’apocalisse cominciava ad ardere una
fiamma personale, curiosa e malinconica.
A mo’ di reprise: la Samba mi fa schifo.
Il Tango lo
apprezzo innanzitutto siccome tragico e poi in quanto molto bello e rigoroso
nei passi. Poi che sia un cantato da Carlos Gardel o un bandoneato del mardelplatense
Astor Piazzolla è questione di momenti.
Y todo a media luz ([6]) è il
vero titolo della storia di Corto Maltese che poi ([7]) tutti
conobbero come Tango.
Rifletteteci: il
titolo originario, che è quello di “un” tango, accentua quel ruolo pivotale che
ha la luce nelle nazioni di lingua castigliana: la luce è fondamentale quando
si sceglie il posto per vedere una corrida, ma evidentemente lo è anche in una
sala piena di ombre (rammento il bonaerense Caffè Tortoni, non una tangheria ma
allora ...) sulle cui tavole di legno del pavimento scivolano i passi dei
ballerini.
Cosa si trova in
Argentina? Potrei rispondere che non lo so, in quanto dopo oltre 20 anni dalla
mia seconda e ultima visita anche lì le cose saranno cambiate.
Non so che fine
abbiano fatto quegli eleganti sebbene anacronistici “colectivo”, tutti cromo e
anni ‘50, con cui si traversavano pezzi della Capital Federal.
Credo si trovi
ancora (e sempre) quella ospitalità per cui a Mar Del Plata il titolare di uno
stabilimento balneare, durante un lungo e assolato pomeriggio, mi offrì illimitati
caffè espresso solo in quanto Italiano, io.
Per cui la mia
guida la seconda volta che andai a Baires non solo si preoccupo di invitarmi a
trascorrere la fine dell’anno in famiglia da lei (altro a seguire su quella
sera), ma si premurò anche di portarmi in aeroporto con un van perché le strade erano allagate (questo accadeva poche ore dopo
essere stato riaccompagnato in albergo da qualche suo parente).
Per cui la
famiglia Güiraldes si preoccupò di mettermi appena possibile di nuovo a
disposizione la stanza padronale della estancia
di famiglia, cuarto comprensivo di
scala di legno che conduceva alla biblioteca dell’avo (l’autore di Don Segundo Sombra).
L’Argentina è un
paese elegante, anzi una nazione di signore e di signori. Dunque anacronistica.
I signori sono
quelli che non devono esibire nulla di nuovo per dimostrare chi sono. Invero
tutti i loro effetti personali paiono essere immuni da età e privi provenienza,
sono e basta.
Ciononostante,
la frase che ormai da circa un quarto di secolo mi torna nelle orecchie ogni
tanto, e che in qualche modo è il degno sottotitolo del nome della nazione è “¡Dame dos!”: perché l’Argentino quando
compra tende a esagerare e compra doppio. Questo aneddoto proviene dal mio
primo soggiorno presso los Güiraldes,
me lo raccontò la nonna (obiettiva mente non ricordo di chi fosse la madre).
E qualche altro
ricordo e pensiero.
I cavalli in
Argentina sono tolettati in modo che non ci sia un pelo in eccesso (prima
ancora che fuori posto): Criniera a spazzola e il resto di conseguenza. Il
primo colpo d’occhio offre una visione che per un europeo può sembrare quasi
oscena siccome non siamo abituati.
Le redini “a
mazzetto” in una mano, gaucho o polista che tu sia o pretenda di imitare.Ricordo le mie partenze, da fermo, al galoppo.
I migliori cavalli del mondo.
Alla Cabaña di
Buenos Aires: pasteggiando con bottiglie di Coca-Cola da 33 centilitri su
filetti con controfiletti inseparati di manzo monumentali.
Ti senti a casa
ogni volta che ordini una – sempre formato argentino – milanesa de ternera.
Alla prima
colazione in veranda arriva pane del giorno precedente – come dovrebbe essere
naturale – tostato su cui, in alternativa a confettura o marmellata, puoi
spalmare una crema marrone: chiedi in un mix di lingue se contiene cioccolato,
la riposta è no. Scopri il dulce de leche.
La piscina si chiama pileta.
I ghiacciai sono
di colore blu trasparente.
Bariloche: un
gran cioccolato, un lago maestoso, …
In Patagonia di Bruce Chatwin lo avevo
già letto sdraiato su una spiaggia libera di Key West.
Ho capito Courrier Sud di Antoine de Saint-Exupéry
volando da Rio Gallegos (o era Entre Rios?) con l’azzurro del cielo argentino
sopra di me.
Andrés Calamaro.
Meglio tardi che mai: continuo a non ricordare quale fosse il titolo della sua
canzone ascoltata alla radio di cui un tre lustri fa non trovai a Madrid il
singolo o l’album che la contiene. Ho rimediato: ho chiuso il 2014 con alcuni
suoi album ([8]) in valigia di ritorno da
Barcelona e proseguo nella discografia del porteño, scorretto rockenrollero
dylaniano e amico di Fresán, più che cinquantenne “Mitad
hombre-mitad marisco” ([9]).
Steg
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consenso scritto dell’autore/degli autori.
[2]
Secondo Rodrigo Fresán, mi rifaccio al suo romanzo Esperanto, il fenomeno risale agli ultimi anni settanta.
[3] Di
nuovo, sembro condividere il sentimento per lo meno con il protagonista di Esperanto: Federico Esperanto.
[4] Sto
citando un grande autore argentino: Osvaldo Soriano.
[5] Qui
invece non sto citando David Bowie.
[6]
Strofa di un tango del genere milonga celeberrimo: “A media luz” del 1924:
musica di Edgardo Donato, testo di Carlos Lenzi.
[7] Fu
pubblicato per la prima volta a puntate sul mensile Corto Maltese a partire dal giugno 1985. Anche la prima edizione
francese mantiene il titolo originale.
[9] Come
lo definì Miguel Abuelo, fondatore del gruppo Los Abuelos de la Nada in cui
Calamaro militò fra il 1981 e il 1985.
Bajofondo Tango Club, primo album, con l'aggiunta dei remix.
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