"Champagne for my real friends. Real pain for my sham friends" (used as early as 1860 in the book The Perfect Gentleman. Famously used by painter Francis Bacon)



martedì 27 marzo 2012

UNA POSTILLA PER CARMELO BENE (avendone già scritto)

UNA POSTILLA PER CARMELO BENE
(avendone già scritto)



Dopo un’improvvida sorta di recensione che ne anticipava di oltre un mese l’uscita su Sette ([1]), dunque utile solo per sapere che fra qualche settimana si sarebbe dovuto cercare questo libbricino dal prezzo inferiore a un bicchiere di vino (al banco, a Milano), a fine marzo 2012 compare Elogio di Carmelo Bene scritto da Giancarlo Dotto per i tipi di Tullio Pironti ([2]).



Ciononostante, le poche righe già lette ne dichiarano la imprescindibilità.
Siccome le pagine sono meno di 40, rischio di non potermi attenere all’articolo 70 della legge n. 633 del 22 aprile 1941 nelle citazioni, e allora dovrei autopunirmi.



Questo Elogio è il classico testacoda: se ne entusiasma chi ha già negli scaffali molto e chi, invece, scopre – fortunato – Carmelo Bene (e Giancarlo Dotto) suo tramite.



Ma devo citare ciò che reputo, io per quanto possa rilevare, una sintesi aforistica suprema a valere non solo per un autore che si ama, ma per chi è ragione della nostra stessa vita (o della nostra scelta di non terminare la nostra poca vita): “sei tu che senza di lui, manchi a te stesso” (pagina 9). Evidentemente, “lui” o “lei”.



Per chi, poi, futuristicamente attribuisce il genere maschile al automobile, la pagina 5 scatena un frisson barthesiano.



Mi chiedo anche, essendo inciampato in Francis Bacon (Carmelo Bene modesto? Ossimoro inconcepibile! Dunque degno di esclamazione): Schifano contra (o cum - è lo stesso) Bene, titani maledetti e idoli delle facce cattive finalmente raccontate dal sempre incompreso Stefano “Steve Tambura” Tamburini in una Roma che vuole essere New York ma deve gemellarsi alla postribolare Los Angeles? Fantasia, purtroppo.



Consiglio di leggere queste pagine di Dotto con una matita a portata di mano.
Sarebbe bello anche un “elogio all’Elogio” costituito dalle migliori recensioni dei lettori, ma venderebbe venti copie.





                                                                                              Steg



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[1] Supplemento del giovedì del Corriere della Sera.
[2] Un editore che ancora rischia. Per i miei gusti rammento le traduzioni di Less Than Zero dell’esordiente Brett Easton Ellis e di White Noise di Don De Lillo.

ALDO GRASSO? OGGI NON FA PRIGIONIERI

ALDO GRASSO? OGGI NON FA PRIGIONIERI
 
Netta ed evidente metamorfosi di Aldo Grasso, per anni pacato commentatore di programmi televisivi per il Corriere della Sera (nonché esperto di televisione senz’altro) ed oggi suo corsivista, più che di punta, acuminato.

Siccome apprezzo sempre chi non ha paura di criticare facendo i nomi (purché non diventi una lavandaia sbraitante fine a se stessa, ma non è il suo caso), sono molto contento di questa svolta.

Pero mi chiedo: perché?
Quale la causa di tale cambiamento?

Fino a quando non ce lo spiegherà, godiamocelo in veste di fustigatore politicamente scorretto.

Ma a questo punto (ormai è il terzo segnale in tal senso ad emergere dalle pagine di Via Solferino che sottopongo a chi legge questo blog) è lecito almeno domandarsi se si tratti di un caso, oppure di altro.


                                                                                              Steg



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mercoledì 21 marzo 2012

L’ARTE DELLA “DE-PUNKIZZAZIONE”

L’ARTE DELLA “DE-PUNKIZZAZIONE


Vorrei sbagliarmi, ma non credo.
Vogliate prendere questa critica (in senso anche tecnico) ad una critica ([1]) come proficuo scambio di opinioni fra persone che possono non avere le stesse idee.

Io leggo lui, lui probabilmente non legge me.
Stefano Bianchi ([2]) recensisce a pagina 14 di Moby Dick (supplemento culturale de Liberal) del 17 marzo 2012 l’ultimo album di The Stranglers ([3]) aprendo così: “Anch’io sono inciampato nel peggio del punk inglese, facendomi abbindolare da Sex Pistols, Vibrators, UK Subs, Adverts e compagnia intronata di voci, di chitarre, di tutto. Ho l’attenuante, però, di essermi rialzato quasi subito giusto il tempo di pizzicare quella collettiva, grande truffa del rock’n’roll, accorgendomi di quant’era patetica e fare un rapido dietrofront. Certi mie coetanei invece si sono goduti quell’insopportabile, fracassona, presa per i fondelli da quando è nata (1976) a quando è passata a miglior vita (1979). Non si sono mai più ripresi, poveracci” (necessita la citazione integrale del passo, in quanto essa non fornisce spazio a equivoci interpretativi).
Segue una laudatoria analisi della carriera di questi artisti, che non erano giovani nemmeno nel 1976, nuovo album (intitolato Giants) incluso.

Cosa si nota nella prosa del giornalista?
Una descrizione del suono punk come se la recensione fosse del gennaio 1977 (altrimenti cosa avrebbe potuto ascoltare? ([4])) e di una persona per lo meno prevenuta rispetto alla novità.
I gruppi elencati sono eterogenei, e per The Vibrators forse sarebbe il caso di assimilarli più a The Stranglers che non al punk puro. Gli UK Subs non sono esattamente “della prima ora”, ([5]) per The Adverts sarebbero da citare per esteso alcune righe di Tim Smith ([6]).
Ed ecco l’ultimo elemento, in negativo: i “santi” The Clash non sono nominati.

Non capisco, quindi.
Forse John Lydon è “buono solo” con i Public Image Limited? Ma siamo ancora nel 1978.
Forse The Wire suonavano non al Roxy di Covent Garden, ma al pomeriggio da Fortnum and Mason?
Che dire di Siouxsie and the Banshees ai tempi, ancora 1977, della loro prima John Peel Session?
Per The Clash, come ben sa chi legge le mie righe, l’atteggiamento tipicamente italiano da London Calling come loro “anno zero” è una cartina tornasole della incapacità nazionale di capire la portata del punk dall’inizio giocando anche con il termine “new wave” ([7]).

Di buono e di non buono nel punk c’è stato molto, anche perché la sua scena musicale ha prodotto moltissimo, ma tirar via in questo modo non mi sembra corretto.
Anche perché Stefano Bianchi non credo abbia settant’anni (pur se giornalista professionista dal 1986).

Ah, poi chissà chi ha negli scaffali fonogrammi (oltre a quelli di The Stranglers ([8]), Sex Pistols, The Adverts) sia dei Suicide, sia di James Chance, sia di Marc Almond (con e senza Soft Cell), sia di Miles Davis, … – la lista è molto lunga – come fa: forse abbiamo assunto un antidoto per “riprenderci”?
David Bowie interpretava Jacques Brel ai tempi del suo alter ego Ziggy Stardust; Iggy Pop con The Stooges qualche anno prima (cum fratelli Asheton, quindi) ascoltava John Coltrane e Albert Ayler; la Techno di Detroit si fonda su Kraftwerk e Depeche Mode.

Mi sarebbe gradito conoscere l’elenco dei 100 (o giù di lì) album e/o artisti preferiti da Stefano Bianchi.

Per il resto, giudicate voi anche sulla base di un’esegesi puntuale del passo che ho citato.


                                                                                                                      Steg



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[1]Il macero come destino della critica …” inevitabilmente, come per esteso citai in altra nota di apertura di un post ormai molto risalente nel tempo.
[2] Che non è Stefano Isidoro Bianchi, anch’egli giornalista musicale.
[3] L’articolo si intitola “È sempre new l’onda degli Stranglers”.
[4] Per la mescola di date ancora qualche riga. Ovviamente nel gennaio del 1977 a disposizione erano un pugno di singoli ed anche meno. Forse l’autore lauda la scena punk nordamericana? Non parrebbe, ma potrei sbagliarmi. 
[5] Per un approfondimento rinvio a http://www.punk77.co.uk/, il cui webmaster (come è naturale e fisiologico) svolge analisi molto simili alle mie.
[7] In argomento ho già ampiamente scritto, sin dal secondo post di questo blog che ho recentemente tradotto in Inglese.
[8] La loro fan base, i Finchley Boys, non era esattamente costituita da degli etoniani. 

BLOW-UP (non è roba per mod, ma nemmeno per vecchi)



BLOW-UP
(non è roba per mod, ma nemmeno per vecchi)

 

Ho scelto un sottotitolo poco elegante e senza sfumature in quanto l’equivoco (o due), di lunga data, lo richiede.
Però non ci sono innocenti in questa storia ([1]).

 

Se si raffrontano gli elementi costitutivi di Blow-up ([2]) con quelli mod tutto dovrebbe essere chiaro.
Blow-up è elitario, è un film-film in quanto le immagini prevalgono (anche quelle fisse), c’è del mistero, è ispirato da un racconto di Julio Cortazar ([3]), non dovevano esserci The Yardbirds bensì The Velvet Underground (in ogni caso c’è una chitarra distrutta a la Pete Townshend, perché The Who pare fossero la seconda scelta) in una delle ultime scene, fu girato nel 1966, la colonna sonora è di un giovane Herbie Hancock.

 

Il protagonista Thomas ([4]) veste calzoni bianchi e letteralmente butta via capi d’abbigliamento indossati e quindi usati (piuttosto che destinarli al lavaggio). Egli tratta la sua Rolls-Royce convertibile come un mezzo di semplice trasporto, di lavoro (dotato di radiotelefono) e di carico (l’elica di legno comprata come pretesto).
È un fotografo per lavoro (piuttosto che un torero o un politico: parafraso da un dialogo) che vorrebbe non lavorare, pur guadagnando molto. Insomma, è uno yup non un mod, anche se è moderno: la condizione di teenager non è eterna.

 

Non vedo perciò presenti le meaden-iane “circostanze difficili” che rendono il “vivere senza sbavature” l’eccezione.

 

Blow-up può essere un film per taluni mod, ma questo vale anche per Performance di Nicholas Roeg.
L’altra fonte di equivoco concettuale credo derivi da una prospettiva storica di breve periodo, ormai desueta (proprio perché dovrebbe essere sempre limitata dall’arco temporale fra oggetto studiato e soggetto studiante), ma che invece affligge anche i critici cinematografici e i semiologi ([5]). La swinging London ingenera non poche confusioni, anche storiche per cui c’è una sorta di poltiglia culturale che vorrebbe far tutt’uno degli artisti ([6]), Carnaby Street, stili nell’abbigliamento, qualche decina di mesi di storia e cronaca britannica …

 

Eppure, per apprezzare quasi nei massimi questo film, occorre una sensibilità che solo chi frequenta idealmente Londra prima del, e dopo il ([7]), disastro hippy può avere.

 

Quindi i giovani mod odierni non cerchino regole stilistiche assolute da seguire che non siano lo straight-leg e il tre bottoni nelle giacche (peraltro già “strappato”, per scelta?, quello alto) che dovrebbero già conoscere e seguire senz’altro, ma il resto del pubblico non pensi di capire il film senza una sensibilità (anche) londinese datata mid-sixties.

 

Un ultimo avvertimento: è un film che va visto più volte, quindi le videocassette prima e i DVD poi gli hanno dato una eterna giovinezza e anche la possibilità per lo spettatore di ingrandimenti (appunto) personali e arbitrari.
Divertitevi ([8]).

 

 

                                                                                                                      Steg

 

 

ADDENDUM

Agosto 2014, Düsseldorf, una sontuosa libreria dedicata alle arti visive e sonore come non ne esistono più in Italia ([9]).
Dopo aver trovato almeno due tomi imperdibili per me, ecco arrivare a vista un quasi monumentale non so ancora cosa, ma da comprare anche se scritto in Tedesco: titolo Blow-Up.

 

Un altro? Non proprio, questo è il compendio che non esisteva e che supplisce a volumi ormai introvabili o non ragionevolmente acquistabili su quella scena. La scena di Londra degli ultimi anni sessanta: fotografi e modelle: affilati, giovani e belli.
Jean Shrimpton a pagina 119 fotografata da David Bailey nel 1961 al Tower Bridge londonita. Perfezione.

 

È un catalogo di mostra, e c’è anche l’edizione con testo in Inglese.
Non risulta che la mostra arrivi in Italia (dopo Vienna, Winterthur e Berlino).
Fatevi una gentilezza: non comprate i libri di argomento mod (o meglio con il cartellino “mod” ([10])) pubblicati nel 2014 bensì compratevi questo e restate talvolta a bocca aperta.

 

 

                                                                                                                      Steg

 

 

 

 

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[1] A ben vedere, forse l’equivoco è nel fatto che ad Antonioni si sono attribuiti significati trascendenti il momento storico in cui egli diresse i suoi film: Zabriskie Point è psichedelico dati i Pink Floyd oppure acido dati The Grateful Dead? Sto banalizzando: non sono un conoscitore dei primi, ma la frattura fra il “con Syd Barrett” e il “senza Syd Barrett” mi è nota. Nemmeno mi picco di procedere ad un’analisi di sintesi estrema della filmografia di Antonioni.
[2] Mi attengo nel mio testo alla grafia antonioniana con “up” minuscolo.
[3] Las Babas del diablo, del 1959.
Ma Antonioni dichiara “Non mi interessava tanto la vicenda, quanto il meccanismo delle fotografie”, in Michelangelo ANTONIONI, Blow-up, Torino, Einaudi, 1967, p. 7 sebbene non numerata.
[4] Qualche critico non gli attribuisce nome. Eccesso di mistero.
La bibliografia non è molta ed è sparsa: ho consultato un volume collettaneo del 1971 ed uno del 2011, oltre al precitato testo del regista.
[5] In senso ampio e senza pretesa di massima precisione; ma si cfr. Roland Barthes.
[6] L’infungibilità fra loro dovrebbe essere chiara, invece è tutto un “Beatles” (senza “The” per giunta).
[7] Intendo la svolta che per comodità chiamo glam.
[8] Dopo la pubblicazione di questo post è uscito, nel 2012, un ottimo volume in Italiano (pare incredibile) di Valentina Agostinis, intitolato Swinging city (Milano, Feltrinelli) per tutti coloro i quali hanno bisogno di altro, dopo il film.
[9] Chi ricorda Idea Books e la Milano Libri dei tempi d’oro nella capitale economica della nazione?
[10] Tristi come le parka finte vendute a Londra nel 1980 quando quelle originali, che puzzavano di naftalina e di depositi di army surplus, scarseggiavano. Ridicole cosine corte che non avrebbero riparato nessuno in caso di scooter ride.

lunedì 19 marzo 2012

A SPROFONDARE (“Qualche falla nel politicamente corretto?” - parte 2)

A SPROFONDARE
(“Qualche falla nel politicamente corretto?” - parte 2)









Si può sospettare la congiura, ma l’articolo di Mariarosa Mancuso dal titolo Addio al radical chic (con un godibile riquadro di Fulvio Abbate che può scrivere di Schifano) ne La Lettura (supplemento del Corriere della Sera) di domenica 18 marzo 2012 pare un micidiale calcio volante al mento dei “tanto democratici”.



Stante il respiro di questo lucido scritto, completo anche di riferimenti, posso solo invitarvi a leggerlo e poi trarre le conseguenze del caso.



                                                                                                                      Steg




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ANCORA “DANGER DIABOLIK”?: 50 ANNI














ANCORA “DANGER DIABOLIK”?: 50 ANNI

 

Febbraio 1987: come mi capitava spesso, entrai alla libreria Rizzoli sulla 57th West Street, tardo pomeriggio, un tramonto splendido come ne può regalare New York City, there’ s more than some poetry in Gotham City.

Allora le copie del Corriere della Sera arrivavano con i voli di Alitalia ([1]).

Comprai, come raramente (usualmente era sufficiente scorrere le prime pagine), il Corriere della Sera: lo comprai perché era morta Angela Giussani ([2]) e l’unico modo per assorbire la perdita – anche di un pezzo della mia città – era leggere e rileggere l’articolo. Dopo andai solitario a cena, stessa street, al Hard Rock Cafe ([3]).

 

OPPURE

Le graziose gemelle le vedo a casa loro: San Siro? Da qualche parte verso il 1970, io viaggio sui dieci anni abbondanti, loro circa qualche mese meno ([4]). Casa con piscina.

Pomeriggio, telefilm della serie Flipper alla tv. Una loro nonna a badare su di noi, se ben ricordo.

Giornata di sole: qualche albo di Diabolik portato a bordo piscina. Le gemelle, ricordo solo il nome di una di loro: Valeria, mi dicono – più o meno – che Diabolik si può leggere più o meno tollerati dalla loro madre, ma Kriminal ... Quello davvero è per i grandi.

 

OPPURE

Mia mamma mi dice che Pietro, nostro amico di famiglia ([5]), le ha prestato dei Diabolik: siamo verso il 1972.

Diabolik entra ufficialmente a casa mia.

 

OPPURE

Caldo torrido, domenica pomeriggio del luglio 1986: mi telefona AT: il giorno dopo il primo scritto dell’esame per diventare procuratore legale e saremmo stati insieme al tavolo.

In televisione: il film Diabolik (o per il mercato anglosassone Danger Diabolik): meglio quello che ripassare (cosa poi?).

In DVD molti anni dopo il film uscì prima nel mercato nordamericano, tanto che le copie che circolavano in Italia erano appunto duplicate da quel formato (magari ancora in VHS…).

 

OPPURE

E il 15 agosto di ogni anno mollavamo tutto e andavamo a mangiare al Savini e poi a vederci due film”. Chi parla è Luciana Giussani ([6]), la piccola delle due sorelle diabolike, in un’intervista a Torpedo, pubblicata nel numero dell’agosto-settembre 1991.

 




Come si vede, per me Diabolik è marchiato dagli Sforza e dai Visconti: il fumetto più milanese di tutti. Nel senso che chi non vive a Milano non potrà mai capire veramente Diabolik e quel retrogusto extrafumettistico del medesimo (la cravatta di Ginko è un regimental rossonero: leggasi Milan).

Non per caso, quindi, una sottilissima linea rossa lega Diabolik a Dino Buzzati ed una ancor più tenue a Giorgio Scerbanenco.

 

Ma anche, più banalmente, ci si può chiedere: Diabolik cosa sei?

Perché Diabolik è anche internazionale, davvero, ed è un prodotto/fenomeno che bene simbolizza l’Italia (la quale davvero era una potenza nel mondo, ma tanti decenni fa. Ferragosto e ristoranti aperti, Savini incluso).

Forse non c’è risposta alla domanda, ed è sufficiente leggere le sue storie.

Finisco sorridendo: nella ricetta del “L’uovo alla Diabolik” è sbagliato il tempo di cottura. Per forza! Angela e Luciana non erano due brave massaie, ma delle grandi autrici.

 

 

                                                                                                                      Steg

 

 

 

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[1] Leggenda vuole che al Pierre Hotel arrivassero prima, volando con il Concorde.


[2] Il giorno 11, anche se fonti “ufficiali” indicano il 12 (se un necrologio compare in un quotidiano il 12, evidentemente il decesso è anteriore).


[3] Mi fregio di non aver mai comprato un solo oggetto di merchandising dello HRC in qualsiasi parte del mondo, perché io quello di Old Park Lane lo ho frequentato sin dal mese di agosto del 1978 ed allora non servirebbe molto.


[4] Figlie della sorella di un’amica di famiglia,Nuccia, sorta di mia zia adottiva.


[5] Nonché sorta di “zio scapestrato” per quel che mi riguarda, ma anche arbitro di eleganza.


[6] Morta il 31 marzo 2001.














lunedì 12 marzo 2012

QUALCHE FALLA NEL POLITICAMENTE CORRETTO?

QUALCHE FALLA NEL POLITICAMENTE CORRETTO?








Con ritardo, ma confidando nelle biblioteche tradizionali e negli archivi delle testate on-line, una considerazione e un invito a leggere quanto l’ha ispirata.



Segnalo quindi due articoli a pagina 4 de La lettura, supplemento domenicale del Corriere della sera, del 19 febbraio 2012.


Quello di Antonio Pascale, Gli egoisti della crescita e quello di Sandro Modeo, L’ipocrisia di Stato.


In entrambi i casi, a mio avviso il minimo comune denominatore consiste nell’intolleranza intellettuale (finalmente!) rispetto a coloro che moralizzano sulla pelle degli altri.


I moralizzatori degli altri sono i politicamente corretti che ignorano, ex multis: sia i viaggi giornalieri dei pendolari (quelli che ipnotizzati dalle pubblicità viste, appunto, alle pareti dei vagoni metropolitani hanno comprato casa oltre le periferie), sia che Amsterdam non è Milano (ma tanto loro viaggiano in bicicletta sul marciapiede e magari contromano in centro e fanno finta di non sentire quando giustamente il pedone li insulta, rischiando anche di essere investito da un auto avendo badato al ciclista).



                                                                                                                      Steg




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domenica 11 marzo 2012

NOTES ABOUT PUNK MUSIC IN ITALY (from Milano as a standpoint)



This post in Italian ([1]) is one of the most read of the blog, hence I though it might be of some interest to translate and adapt it in English ([2]).





                                            NOTES ABOUT PUNK MUSIC IN ITALY                           
        (from Milano as a standpoint)



1. Punk ([3]) in Italy “arrived”, that is – rather a contradiction – it was already well defined in its canons and in my country it would have remained as such, at first perceived, then known and appreciated by some.
I don’t think it to be a great discovery: this nation has never created something new within rock and pop for the youth ([4]); still many people will get angry, considering what I am saying something with a “self-defeating” flavour.
Nonetheless, punk enabled some of us to become better than we would have been without it, others tried to (at least), other ones fell under the crossed and deadly fire of the enemies (drugs and AIDS ([5])) and of their vulnerability.



In my opinion, the appearance of punk in the country where everybody likes everybody else occurred in 1976, this is because punk was brought by the records (vinyl ones, then).
In those days: people didn’t read a lot; the music press was slack; concerts? Don’t even think about them (indeed, punk would have also, and maybe especially, caused a comeback and a coming of foreign artists, after the long season of Molotov cocktails and police charges as the not uncommon end of many concerts; other than that, not a lot else changed).



The problem is just that: records would not have been the mean to create in Italy the inspiration for a new approach which will consolidate into a long lasting musical trend (as in other countries).
Thus the apparent absurdity is that the most interesting Italian bands originated in areas where the availability of import vinyls was scarcer.



Another peculiar feature is that disco music helped punk: more than one record shop which was devoted to dance music had a corner offering punk records as well, after all they were imports too.
Furthermore, although in their respective and opposite formats par excellance of 7 inches (punk) and 12 inches (disco) ([6]), in both genders the single reigned supreme: not only as the most immediate but also the (usually) artistical expression, if compared with the album format.



The Milanese scene, the one which I know better, seems to me a good test for some recollections.





2. Those refined and uncommon local appraisers of The Stooges and The Velvet Underground ([7]), didn’t wake up until the coming of punk, in the beginning made of little tangible (and audible) and much “so they say”.
For sure, even in my hometown Milano punk day one was the release (better its import and availability) of Ramones debut LP ([8]), labelled as the “holy sound” even by British most authoritative scholars (The Clash and Sex Pistols), and further confirmed by the illustrious punters at London Roundhouse on July 4th, 1976 attending the concert by Forest Hill Four ([9]).



Because of the desire to listen to music from the street – due to a lack of new products, especially from European countries – a past-plundering attitude emerged within the kids, something which may (concur to) explain a consistent pro-USA faction of local music critics: thus listeners picked-up from Nuggets, while on the other hand punk musicians already looked at The Monkees or at the French maudits ([10]) and the British at the rock’n’roll founding fathers.
Consequently, in those first months Italian punk was truly a trench in which very little fresh sound was consumed and the fresh music (for clear commercial reasons: in those countries they already understood that even the new music could be sold) was north American ([11]).



Because of this, for the very few attentive ones, more than Damned debut ([12]), it was crucial (even if maybe not fully conscious) to grab a copy of the first studio efforts by Sex Pistols ([13]); but fun was very short lived and you didn’t need all of a hand fingers to count the Italian owners of one copy labelled EMI of “Anarchy in the U.K.” when, at the beginning of January 1977 the first record contract of the acknowledged kings of the British scene was ended by their record label.
Nonetheless, in Italy like in the rest of the world the fracas caused by Rotten, Matlock, Jones and Cook would have caused everything to explode, making even here 1977 the year of punk.





3. In any group of more than 4 people, sooner or later somebody thinks to start to play and, adding more people, inevitably splits start.



Thus having been said, in Milan I think among the first to be mentioned are Maurizio Bianchi (lone and experimental ([14])) and the not so remembered X-Rated.
Confusion starts here, because if in their line-up there were some punks ([15]) Trancefusion didn’t create anything significant and this conclusion is good for many others, before considering the fakes who were Incesti or the controversial (especially among the kids for lack of sufficient credibility) Decibel ([16]).



Meanwhile, the number of punks increased ([17]) and among them the well informed put their hands over Buzzcocks’“Spiral Scratch” ([18]).
For detail lovers, in order to get new vinyl in those months either you went to Carù shop in Gallarate ([19]) or you started to follow the very oblique, casual and once-in-a-while-ish trajectories of Milano’s record stores (hence a place or two selling disco imports featured Ramones LPs too).



At the same time, a genuine political ignorance started to emerge (luckily! This is a simply personal opinion, but a heartfelt one, given that physical damages were very limited and the juxtaposition was fruitful). Thus to risk being coshed by left-wingers you simply had to praise The Clash, not needing to provoke them with the already mentioned Nazi insignias, things did not change when the Sound of the Westaway beat on the track the more emblazoned Sex Pistols and released their splendid debut album ([20]).
Apparently all this caused an enormous problem for young political activists (better for their already established leaders): there was a risk to be overcome; and what to do with free radio stations ([21]) programming, being them still rule-less and therefore capable of being infiltrated by such new sound?
It is therefore of some interest to consider the left-wing attempt to give a political orientation (in Italian “dare la linea”) to the kids as well: incredibly the United States production was preferred over the British ones, with keyboards ([22]) reassuring parties and movements even outside the Italian Parliament. A curio was the call to arms of Bruce Springsteen, labelled as a Dylan for the young ones. Even to talk about “new wave” was preferred to punk, maybe because Godard (not Vic, Subway Sect leader) has been digested already; after all the name of the game was to soften the tones and convince everybody that everything would have ended as a soap bubble with the “lost lambs” coming home to kiss the hands of the leaders under the shade of the red flags.
Punks had a laugh at all that, didn’t give a damn and tried to have the radio play their prized records, it would have taken them a while.





4. Boys and girls go to school, schools close for the summer, “you have to learn English” and therefore your parents ([23]) sent you in Great Britain for that reason: so the seeds of the second swell were spread.
Some came back from Albion lands with the summer of 1977 single in their luggage: “God Save The Queen”, Sex Pistols’ second release ([24]); meanwhile  France – in the name of culture and musical asylum, ah those revolutionaries! – ran to succour the many (who search it in vain) by publishing “Anarchy In The U.K.” and exporting it through Europe.
It was a requiem for mums and aunts who equalled UK with Wedgwood porcelains, for dads thinking Dunhill and for classmates still with their minds obscured by plastic memories of a Carnaby Street era they never lived.



It’s now or never: by Autumn 1977 punk exploded and media had to ride it. So the national press published the first colour pictures, features were moved from evening newspapers to glossy magazines for hairdressers’ public, television cooked some reports ([25]).



For the kids then the need became more to talk to the public than to talk with each other: here came the fanzines, all daughters of Sniffin’ Glue (until someone discovered Ripped & Torn and the rest), and the first to emerge from Milano’s remaining grey canals ([26]) was Dudu H.y.n.d.r.o. Punk News: “Dudu” is the result of “dada + punk”, Hyndro stands for Indro Montanelli ([27]). Even better than the historical artistic vanguards which inspired it (so dear to the masterminds behind the ‘zine itself) a split among the founders occurred just after the first (and only) issue ([28]): the next year Pogo and Il Sigaro d’Italia would emerge from its ashes.



Clothing was quite a dilemma: to torn and cut was not enough, safety pins ([29]) and cans rings, chains of course, but it would’ve been nice to own a pair of bondage trousers, and – why not – hang in the streets “with the Destroy” t-shirt without risking to be jailed for two criminal offences at once.
Liquefied sugar and butter for those who want to spike their hair.
Army laced boots, turned black (from their brown), substituted Doc Marten’s ones; quite popular were paratroopers jumpsuits and camouflage jackets, the leather jacket was loved (and didn’t come cheap) by Ramones followers.


Fanzines, clothes and records: there were no proper hangouts, this was because we already differentiated between purists/early comers and others/late comers; nonetheless (also due to the described paramilitary look) Saturday Fiera di Sinigallia ([30]) in its old location of Via Calatafimi was a meeting and exchange point.





5. Radios were the last ones to be conquered by punk in a positive sense, as already mentioned.
As far as I remember, Milanese airwaves could be split in two: the program “Sine Ulla Intermissione” at Radio Milano Libera/Radio Milano Quattro and the program hosted by Francesco D’Abramo (sorry I cannot remember its title) at Radio Popolare.
While the latter was more serious, more authoritative and longer-lasting ([31]), the former was more fascinated by the unexpected, maybe because it was hosted by two of the persons who created Dudu ([32]).
Both programs had their backbone in the precious vinyl owned by young punks, who sometimes became the speakers instead of the official ones.
Quality and quantity of their audiences is still unknown, for sure a number of information filtered through the airwaves and contributed to define the tastes and make the kids collections more rich.





6. When 1977 ended, more or less everything which had to be said was already said.
There would have been no more intellectual exoduses of young minds ([33]), instead there would have been: on one side, an ephemeral proselytism, resulting in those who showed themselves in little groups in the centre of Milano simply following a fashion; on the other side, individuals who started to listen to “punk and new wave” without any other commitment.



That does not mean that in Italy punk died, on the contrary. What was no more was the aura of mystery and secret: those who became visible in that new year could aspire to myth, not to the legend.
You had to make room for yourself among the others if you wanted get hold of the new records, which arrived from abroad in bigger quantity but still not enough for a clique already of quite a size …([34]).


From then onwards, if it is not contemporary history is just chronicles, largely available elsewhere , while this writing tried to tell some details that, in the end, is almost like a “b-side” of the punk in Italy era.


A bibliography or a discography appear to be of little help for a very simple reason: most of the material I could list is now unavailable and, therefore, very hard to find.
Furthermore, the books are all in Italian while very little was recorded in terms of music before 1978 (and indeed 1979).
This situation confirms the correctness of the previous paragraph.







                                                                                                                      Steg


WARNING

Some parts of the following three posts subsequently (years after) have been published – with my previous written authorization – in the following book: Claudio PESCETELLI, Lo stivale è marcio, Roma, Rave Up Books, 2013 (for references see pages: 188 e 189): “Note sul punk in Italia e a Milano”, “Tonito Memorial”, “A proposito di Jumpers e 198X”.
When possible I mentioned the above book in the “labels” referred to each post, but for space reasons (over which I have no power) I was not able to do so for “Tonito Memorial”.
On the other hand, all of those three posts (in a way or another) have been revised before and after the versions used by Mister Pescetelli.

 

 

                                                                                  Steg









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[1] With the title: “Note sul punk in Italia e a Milano”, it was the revision of a feature I wrote for a book, but which was used just by means of certain quotes, as if it was an interview to me.
The book is Mauro MAZZOCUT, The Great Complotto Pordenone, Pordenone, Biblioteca Civica Pordenone, 2005.
[2] Because this does not mean that every reader, if any, is from Great Britain, I left everything in it.
I had to add some wording because certain phrases will have little sense in themselves for a foreigner.
[3] I will use the short form, as to add “rock” tells too little.
[4] Usually, “songrwriting singers” (“cantautori”) are labelled as an Italian phenomenon, but the French speaking countries gave birth to stars who transcended their homelands such as Jacques Brel or Serge Gainsbourg.
This footnote may require a few more lines: no one will calll Bob Dylan, or Lou Reed or Prince a “cantautore”, in Italy cantautore somehow makes the lyrics absolutely and always paramount to the music, and the latter just a guitar and little else; kin to French “chansonniers” somehow. But Italian cantautori are not an export product (not that Italian rock and pop sell a lot much better abroad …).
[5] What I am saying is that a certain “way of life” during the years led some people to fall prey of addictions and/or consequences of the “big disease with a little name”.
[6] This latter size and/or coloured vinyls were quite a gimmick.
[7] To a lesser extent of the New York Dolls, often wrongly blamed of being second generation Rolling Stones.
[8] Released on April 23, 1976.
I am sure that there will always be Italians claiming the ownership of then just released singles such as those labelled by Terry Ork, or of obscure recordings on magnetic tapes.
Without disturbing legends (true or false) it suffices to say that the individual person does not make a trend and that faceless and better-to-be-forgotten characters literally sit (even today) on recordings from CBGB’s dating from 1975.
[9] Not Sex Pistols, who that night were gigging outside London.
[10] Respectively: Ramones, again, and on the other side Television and Patti Smith.
[11] Other than the already known and accepted, and here namedropped, consider: The Runaways, Modern Lovers and, good also to spit on (by our local journos) the escapees Dead Boys, Pere Ubu.
[12] Dating October 22, 1976. Please note the homage to the Shan-Gri-Las which opens “New Rose” as a demonstration of the variety of inspirations for the first punk artists.
[13] Dating November 26, 1976.
[14] In the beginning quite an agent provocateur, still worth naming (he was one of the very few if not the only one who sported Nazi insignias to get violent reactions from passer byers), to be credited as musician only from 1979.
[15] From now on, the term “punk” covers everybody.
[16] It’s better to stop here before being trapped within a shopping list of dubious value.
[17] About a dozen or little more, maybe.
[18] Released on January 29, 1977.
[19] A 60 minutes train ride from Milano.
[20] On April 8, 1977, preceded on the previous March 18 by the politically incorrect titled – for the Italians, hence The Clash being labelled as dangerously flirting with fascism – “White Riot”.
[21] From 1975, Italy experienced a phenomenon not unlike that of pirate radios in the UK in the sixties with the so-called “radio libere”. But, surprisingly, in my country public monopoly lost (as opposed to what happened across the Channel).
Radio libere could be split in two types: commercial ones and political ones. The former plugged mostly easy listening (only because it was favoured by the public), the latter had the left absolutely prevailing with very few exceptions, but the splits among the various factions of the majority will create some differences too.
The result was, for instance, that in Milano punk was aired by Radio University (right winged) and a couple of left wing stations (as you will read).
[22] That is the use of them by the musicians.
Still, you can’t give a general rule and Suicide will be accepted only after they will have been forgotten: that is with their second album, dating 1980.
[23] For those who are a bit short of attention: even the punk smash, like all the revolutions, had a middle-class mark, even if it was the small middle class.
[24] At last with a record company which published what they recorded and kept it available.
[25] Most notably, in September 1977 a segment of the program “Odeon”, aired by the second channel of public television, was dedicated to this “phenomenon”. In the following months this channel would remain somehow the cathodic observatory for punk.
Please do consider that at the time Italy had only two (not three as someone wrote) national television channels, both public (that is from RAI, the equivalent of BBC).
[26] Leonardo Da Vinci’s “Navigli”.
[27] A well known Italian, then right wing, journalist born in 1909 was the target of a Brigate Rosse leg-shooting on June 2, 1977 in Milano.
[28] Presented at a party held in Milano by Ivan Cattaneo, an Italian singer and composer (but not a cantautore) who – courageously – never hid his homosexuality and that having been in London during the glam years understood what punk was about.
He was among the contributors of the publication too.
[29] The British ones being very much sought after, because they had a different closing head compared to the Italian ones.
[30] A very rough equivalent to a flea market, maybe closer to Petticoat Lane than Portobello (if you know both).
[31] He hosted an interview with Adam Ant when he played with The Ants in Milano, in October 1978.
[32] Their fake family names were Sandro “Del Campo” and Nicola/s “Ravel”, the third declared founder, Klaus was a member of Trancefusion and subsequently responsible for Il Sigaro d’Italia.
[33] I take the responsibility to affirm with no doubt that more than one kid – thanks to punk - had been saved from the risk to fall within the ranks of so-called “autonomi” (very left wing factions, somehow the ancestors of black blocks) and then to find themselves accused of being part of an armed gang. The reason was that in those days if you were left out from politics you were also immune from any risk of committing acts which could lead, at worst, to be considered of terrorism.
[34] Given the due differences, if a comparison is made with the British mod scene of the first half of the last century sixties, 1978 was “the 1964 of punk”: archetypes, uniforms and clichés then appeared and remained as it happened fourteen years before.