(ancora soffrendo per le ‘expanded edition’)
Sono sempre più perplesso.
Nel 1995 uscì un cofanetto di 4 CD contenente tutto il repertorio registrato dalle Small Faces per la Immediate di Andrew Loog Oldham.
Un lavoro ben fatto, quando ancora la confezione interna di un boxed set era piuttosto rudimentale, i CD erano ritenuti eterni e si ragionava in termini di “due dischi uguale un compact disc”.
Quello pareva un buon modello di riferimento da seguire, e tutti felici e contenti.
No, invece.
Ed eccoci dunque ad attendere, anche nervosamente, non più antologie in belle confezioni che ci ponevano alla mercé del curatore (di cui ci fidavamo) e delle sue selezioni per quanto generose.
No, ora sono album, originariamente in formato LP di 35/40 minuti, rieditati in doppi CD che ci impongono circa 150 ([2]) minuti di ascolto ([3]).
The Kinks come esempio: nel 2011 dopo i doppi CD con versioni monofoniche e stereofoniche e registrazioni radiofoniche di contorno, ecco un cofanetto “mono” dopo qualche mese e a breve; nel 2012, mezza dozzina di CD compilanti le sessioni BBC.
Ma allora cosa me ne faccio del cofanetto (6 CD) che ha preceduto il tutto?
Delle condizioni in cui si ascoltano queste edizioni apparentemente critiche, in realtà ipertrofiche e spesso avare di differenze significative ([4]), ho già scritto ([5]).
Qui mi preme osservare come: da un lato, la preoccupazione del completismo confligga con quella dello spazio dell’ascoltatore, per cui si vorrebbe poter - magari - fare a meno di alcuni fonogrammi non originali della propria collezione.
Dall’altro, lo horror vacui non mollerà la presa: davvero questa volta c’è tutto? Certo che no.
Dall’altro, ancora, le note di copertina sono soddisfacenti? Chissà ([6]). Quelle note che in certi casi sono una scusa per pubblicizzare l’opera letteraria dell’autore delle medesime ([7]).
Steg
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[1] Ho lavorato sul titolo di una delle canzoni più celebri delle Small Faces aggiungendovi una virgola e un punto interrogativo.
[2] Salva la – per me – assurda trovata di alcune riedizioni in cui il primo CD contiene solo l’album originale (che però spesso non è originale neanche nel formato, quello del CD) con spreco di spazio e lasciando su un altro CD i bonus.
Ma se voglio l’album originale me lo creo da solo selezionando appunto solo le registrazioni che lo costituiscono.
[3] O quei mostri di edizioni dal vivo, la colpa è dei Pearl Jam?, da decine (letteralmente) di compact disc; sorta di fasulle credenziali per tour di cui mai si è stati partecipe pubblico.
[4] Per assurdo e per contro, la riedizione del quarantennale del primo album dei Pink Floyd, The Piper at the Gates of Dawn, è modesta per difetto di versioni: in quel caso sì che avrei voluto tutte le edizioni di “Interstellar Overdrive”.
[5] Nel post intitolato “A proposito di expanded edition”.
[6] Wikipedia corregge certe monografie pubblicate! Mi riferisco alla data di morte di Steve Marriott in uno (o due) libri scritti da Paolo Hewitt.
[7] Come accade nelle riedizioni degli album di Todd Rundgren.
Anche in questo caso ovviamente ognuno è libero di pensarla come meglio crede: ma mentre per Todd Rundgren essendo tratte da un’opera già pubblicata le note servono poco sia all’appassionato (che magari già possiede il libro) sia all’ascoltatore meno curioso, magari quelle di Kevin Cann (nome che ricorre spesso in questo blog) mesi e mesi prima dell’uscita di un suo atteso volume su David Bowie possono essere più appassionanti.
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