"Champagne for my real friends. Real pain for my sham friends" (used as early as 1860 in the book The Perfect Gentleman. Famously used by painter Francis Bacon)



giovedì 7 marzo 2019

IGGY POP O DEL CERCARE DI INVECCHIARE (note a margine di un film documentario e altro)


IGGY POP O DEL CERCARE DI INVECCHIARE
(note a margine di un film documentario e altro)

Due premesse: una generale e una personale.
Se Iggy Pop non avesse instradato Johnny Thunders all’eroina, forse la storia musicale sarebbe stata almeno cronologicamente diversa, anche per Sid Vicious.
Avevo in progetto, per una testata online un lungo post dedicato a The Stooges, avevo anche il titolo: “Il tappeto di Fun House”, ma non ho nemmeno iniziato a scriverlo.


Da alcuni anni mi contrappongo a coloro i quali dicono che gli ultimi album di Iggy Pop sono blandi: in particolare le critiche sono rivolte a Après e a Préliminaires.


A parte alcune interessanti conferenze fra cui una canadese del 2016 ([1]), io sono partito da due sue canzoni: “The Departed” ([2]) e “American Valhalla” ([3]), per considerare un po’ il senso della vita che ti rimane. Una disamina che prima o poi arriva ad essere quasi naturale, almeno per alcuni, quando si invecchia.


Il romanzo di Michel Houellebecq La Possibilité d'une île ([4]) resta ancora da leggere ([5]), ma nel frattempo ho visto il film To Stay Alive – A Method ([6]), che mi pare un’opera cinematografica meno angosciante di quanto sia dipinta, e che presenta Iggy Pop anche al di fuori del suo ruolo di narratore.

E torniamo alla vecchiaia.
Iggy Pop che guida una Rolls-Royce in cui quasi si perde: vuol dire qualcosa?
Iggy Pop che ha una gamba vistosamente più corta di qualche centimetro dell’altra.

La voce di Pop la trovo sempre rassicurante, anche quando nella sua collaborazione con gli Underworld ([7]) canta di certe situazioni, ormai impossibili, come in “Bells & Circles”.

Ma nella stessa sede troviamo riflessioni su età e amici nella canzone “I’ll See Big”. 

Questo artista è diventato un saggio cui rivolgersi? Oppure anche solo un riferimento con cui dissentire ([8]) ma da trattare con rispetto?
Meglio che non tenti nemmeno dei paragoni con l’Italia, dove mi pare che alla età anagrafica degli artisti siano da aggiungere 20 anni per capire perché non riescono mai a incuriosire il pubblico ([9]).

Ecco, se questa fosse una relazione da convegno, avrei potuto intitolarla “Attualità intellettualmente stimolante di Iggy Pop”.


[Forse questo post sarà riveduto nel tempo]



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[1] A Montreal: per la Red Bull Music Academy: https://www.youtube.com/watch?v=Y0C6FkGrsWw.
[2] Contenuta in Ready To Die, album attribuito a Iggy And The Stooges.
[3] Contenuta in Post Pop Depression.
[4] Del 2005, titolo pressoché identico nella traduzione italiana apparsa nel 2006: La possibilità di un’isola.
[5] Cui fa compagnia anche una copia di Serotonina del 2019 nell’ammasso cartaceo personale.
Sarebbe poi interessante sapere se qualcuno dei critici del più recente Iggy Pop sono appassionati del letterato francese o, più probabilmente, del suo più recente romanzo.
[6] Restare vivi – Un metodo, per l’edizione italiana che peraltro è sottotitolata dall’originale.
[7] Si tratta dell’EP Teatime Dub Encounters del 2018.
[8] Io, ad esempio, ancora non ho trovato la unicità degli Sleaford Mods. Ma d’altronde nemmeno quella di The Fall di Marc E. Smith.
[9] Mi permetto di rimandare a un mio post recente: https://steg-speakerscorner.blogspot.com/2019/02/e-pensare-che-non-volevamo-alcunche.html. Ivi illustro cosa ancora significhi essere cresciuti anche culturalmente con punk e post-punk.