Da qualche anno assisto al - ma talvolta anche subisco il - fenomeno dell’istupidimento volumetrico.
Chiunque abbia un minimo di dimestichezza con i superalcoolici e i vini dovrebbe sapere che pasteggiare come - leggenda vuole - Alejandro De Tomaso (imprenditore italo-argentino nel settore di quelle che oggi sono chiamate super-car) con Chivas Regal ([2]) nella propria casa è meno costoso che con certe bottiglie di vino di cui non ritengo necessario citare i nomi dei relativi produttori.
Accade però che un po’ di tempo ci sia una campagna commerciale, ma dai metodi militari, tesa ad istupidire gli avventori fra le “basi” dei cocktail, massimamente vodka e gin.
Perché? La ragione è semplicissima: quanti hanno un mobile bar a casa propria ([3])? Quasi nessuno; dato che come ormai si contano per unità coloro che sanno cucinare, per quelli che sanno preparare un cocktail credo che si vada per la mano menomata di Jango Edwards per ogni centomila.
Ciò rende debole il bevitore, che non sa sperimentare da solo (ad esempio quanti fra coloro che ordinano un Martini sanno come si miscela una versione “gold”?) e beve fuori, dunque spendendo molto e in tal modo pensando di esibire la propria personalità.
Ecco allora la guerra che si consuma sul vendere una credibilità alcoolica attraverso costose, preferibilmente oscure all’inizio, “etichette” di distillati.
Meglio se dotati, i distillati di alta gamma, anche di una potenza volumetrica inusuale, per cui chi sceglie altro meno “forte” è considerato (erroneamente) un perdente.
Un barman (lui preferisce il termine bartender) che rispetto - Frog - afferma che non si può riconoscere una vodka in un cocktail.
Ma anni dopo, e non gli posso dare torto, ovviamente egli accoglie senza problema ogni richiesta di cocktail con basi che gli consentono di esigere un prezzo più elevato.
Posso, allora, darvi solo tre consigli pratici specifici: più alcoolico non è meglio; provate due volte almeno una nuova base; considerate quanto potete estrarre da una bottiglia a casa e il break even della stessa base in un locale.
Per il resto, credo che nel mio post dal titolo “Io non sbaglio mai” troverete qualche altra indicazione.
Comunque, ricordate ancora una volta che trovare il drink perfetto (aperitivo, altra cosa è il digestivo) non è facile, ma è divertente.
I miei gusti non sono i vostri, quindi è inutile ogni elenco.
Steg
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[1] Il gioco di parole è fra “a prova di stupido” (fool proof) e istupidito dal grado (alcoolico) volumetrico (proof fooled, appunto).
[2] Oggi bisognerebbe pasteggiare con il Royal Salute, sempre Chivas, se non fosse che il blended è reputato eresia in un mondo di pecore che professa la religione del qualsiasi, purtroppo, single malt. Colpa del Glenlivet.
[3] Non sto scrivendo di angolo bar.
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