"Champagne for my real friends. Real pain for my sham friends" (used as early as 1860 in the book The Perfect Gentleman. Famously used by painter Francis Bacon)



giovedì 12 luglio 2012

BIG WEDNESDAY: THE MOVIE


BIG WEDNESDAY: THE MOVIE



Inizio degli scorsi anni ’90: affacciati alla balconata del Rolling Stone di Milano, assistendo a un concerto de The Ramones, non ci sono Matt, Jack e Leroy, ma Tonito, Tiberio ed io. Però per me è chiaro: è (il) Grande Mercoledì e non ce ne saranno quindi altri.
Credo che John Milius apprezzerebbe questo prologo.



Chi si è sentito tradito dal mio post intitolato “Big Wednesday” sappia che il mio era un omaggio attraverso Johnny Thunders, cui si devono alcune splendide versioni di uno dei due sommi “strumentali” della surf music: “Pipeline” (dei Chantays, l’altro è “Wipe Out” dei Surfaris ([1])), all’omonimo film di John Milius.



In Italia, solitamente Big Wednesday è classificato come “di destra” o “politicamente ambiguo”.
Sciocchezze: ragazzi che fanno di tutto per non essere arruolati e finire in Vietnam a combattere, un campione di surf (Matt) che non viene a patti con l’età adulta, un veterano (Jack) tradito dalla madre patria. Che film hanno visto questi critici?
Io gli schieramenti politici li ho lasciati 35 anni fa.


Il capolavoro di Milius è un cult movie per cultori: successivo ad American Graffiti, è del 1978, richiede – appunto – che si apprezzi una certa filmografia sullo star male (e bene) dei giovani di cui non credo di dover indicare le pietre miliari (tanto prima o poi compaiono in questo blog).
Nel 1979 uscirà The Wanderers che è il film ([2]) – data anche una campagna di lancio assurda per sfruttare il successo di The Warriors – meno compreso della decade soprattutto in Italia ([3]).



John Milius, che ricordo essere lo sceneggiatore di Apocalypse Now, dipinge un quadro di bellezza ed imperfezione uniche, da cui nessuno esce bene ma da cui gli eroi emergono senza più complessi di colpa non curati.
Matt, Jack e Leroy hanno il riconoscimento – come tutti quelli come loro dovrebbero avere – di essere stati gli originali mentre Bear ([4]) pare un moderno Omero più scaltro di come lui si dichiari.


Uno dei punti di forza di Big Wednesday è che non può ragionevolmente avere un seguito in quanto esso “finisce con il proprio seguito”.



Sottolineo anche la grande idea di John Milius di non anteporre l’articolo “the” nel titolo: il mercoledì è così di grandezza assoluta ed incomparabile.



La colonna sonora esiste in CD, ma senza le canzoni non originali. Un peccato soprattutto per una shangri-lasiana “Will You Love Me Tomorrow” di Carole King e “Do You Wanna Dance” di Bobby Freeman (ma più nota nella versione de “da brudders” Ramones).



Che fare? Notte insonne e quindi American Graffiti, The Wanderers e Big Wednesday.
In questo ordine.









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[1] Di quest’ultimo mi risulta soltanto una versione live eseguita da Thunders, dunque non era pare del suo – peraltro esteso – repertorio di altrui classici.
[2] Tratto dall’omonimo romanzo di Richard Price, autore abbastanza noto negli USA; il film Clockers di Spike Lee è tratto da un altro suo romanzo.
[3] Caso vuole che nella sua colonna sonora, seppure sia ambientato a New York City, si rinvengano i due surf instrumental sopra citati.
[4] Riduttiva una descrizione di questo personaggio, spiacente.

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