WHERE WERE YOU IN 1977 (AND IN 1979 TOO)
Molti anni fa,
leggendo la prima edizione della biografia dedicata ad Alessandro Pavolini
(ultimo segretario del partito fascista) da Arrigo Petacco, incontrai un passo
che sempre mi è rimasto impresso: con il regime già stabile, molti cercavano di
ottenere testimonianze per poter essere qualificati come fascisti della prima
ora, con i nastrini (rossi?) e le sciarpette (c’era una decorazione chiamata
“sciarpetta Littorio”), appartenenti a squadracce come La Disperata ([1]).
Dopo aver letto
quelle righe pensai: proprio come quelli che a Milano hanno cominciato ad
inventarsi appartenenti alla stagione punk del 1977 mentre non c’erano.
Non bastasse,
sono poi arrivati quelli che hanno cercato la credibilità fra scooter e parka
(naturalmente nel 1979 le posizioni erano invertite: si confondeva la parka con
l’eskimo ed ecco che dopo essere stati da punk invisi alla sinistra, ora
arrivava la destra ...).
In sé il
comportamento parassitario (nella accezione giuridica del termine: cioè
appropriandosi con diverso grado di buona fede e/o memoria di altrui
caratteristiche) appena descritto avrebbe delle modeste ripercussioni.
Modeste se non
fosse che il fato ha voluto che mentre i “tardivi” siano vivaci e produttivi
con memorie di vario genere, taluni delle avanguardie – tanti anche se pochi,
proprio perché primi – siano morti e così procede il falso storico contornato
ovviamente di buonismo democratico.
No, proprio non
va bene.
Due “vecchi”
della scena milanese 1977 ringraziavano le radio “(anti) democratiche” nei
crediti di DUDU H.y.n.d.r.o. Punk News.
L’equazione
sommatoria fra vecchia e nuova avanguardia artistica (o anche solo
intellettuale) sintetizza bene il perché non si voglia che la storia, la
nostra, venga riscritta.
La revisione dei
fatti, la riorganizzazione delle sequenze per poter dire di esserci stati, la
banalizzazione nelle apparenze che fece dei punk dei centri sociali degli hippy
o se si preferisce degli hippy che cercano con i segni più banalizzati del punk
di costruirsi una immagine nuova, così come lustri prima la “omologazione
parka” che rese i mod britannici post 1963 degli scooter-boy abitudinari, sono
tutti fenomeni pericolosi poiché anestetizzano e rendono difficile per i
singoli pensare ed approfondire.
Nelle
avanguardie, ci sono invece – sempre – persone curiose, che non si fermano a
ciò che gli viene suggerito.
Io da anni
sostengo, non da solo, che i punk erano i nuovi mod, con il risultato che alla
fine del 1978 chi non passò al post-punk/after-punk/növo-punk/no-wave (il
perché di queste espressioni tende ad essere classificatorio ma in parte anche
difensivo finché resta poco comprensibile all’esterno) guardò indietro (1960-1963)
per guardare avanti. Le forze cui attingeva la scena erano quelle degli “ultimi
punk” che diventavano altro: i Coventry Automatics, tanto per dire.
E la scena Oi! Ne
fu un’altra conferma: ancora si guardava indietro per non trovarsi ingoiati
dalla omologazione.
Steg
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dell’espresso consenso scritto dell’autore.
[1] La
storia de La Disperata
in realtà comincia a Fiume nel 1919: era la guardia personale di Gabriele d’Annunzio,
composta da Arditi, fondata e comandata da Guido Keller (asso del volo e molto
altro). E continua anche con una squadriglia da bombardamento della Regia
Aeronautica partecipante, fra l’altro, alla campagna d’Etiopia.
"Amore, gioventù, liete parole,
RispondiEliminacosa splende su voi e vi dissecca?
Resta un odore come merda secca
lungo le siepi cariche di sole".