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PERCHÈ NON POSSIAMO NON DIRCI ANCHE WELLERIANI
Date per scontate – e in certi momenti condivisibili – le critiche a Paul Weller, risulta difficile (per me impossibile) non riconoscergli il merito di canzoni fondamentali con uno stile in totale attrito con quello che era ciò che la critica prediligeva.
In Italia Paul Weller è “un po’ come The Clash”: si negano The Jam, si è schizzinosi su The Style Council e da ultimo si osanna il solista che calza Bottega Veneta ([1]).
Spiacente: All Mod Cons si staglia da solo, Setting Sons non è così lontano dai retrogusti di Evelin Waugh, Sound Affects non è immediato ma contiene delle gemme. Due su tre hanno già avuto una riedizione ampliata.
Potete arrotondare con l’antologia migliore che resta Snap! in formato doppio CD e con quel puro gioiello che è Extras.
Qualche cosa magari non la apprezzerete subito poi fra un anno, o cinque, non potrete farne a meno (il che significa anche sapere che “è lì da ascoltare, nel caso”).
Mi rendo, però conto che rimangono delle zone scoperte (valga “Carnation”), quindi l’alternativa può essere investire nel cofanetto Direction, Reaction, Creation a scapito di versioni mancanti, ma che abbraccia tutta la produzione di The Jam con l’aggiunta di rarità (poi completabili con il precitato Extras che reputo un unicum nelle uscite postume per la eccellenza delle registrazioni che lo costituiscono).
Dopodiché dovrete cimentarvi con il dopo Jam, materia più opinabile anche perché ben più vasta.
Steg
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[1] Apprezzabile stilisticamente quando lo slogan di questi pellettieri era “when your initials are enough”, ora non più.
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