"Champagne for my real friends. Real pain for my sham friends" (used as early as 1860 in the book The Perfect Gentleman. Famously used by painter Francis Bacon)



lunedì 2 dicembre 2013

MODERNISTI E VECCHI MOD, FUTURISTI E PASSATISTI


MODERNISTI E VECCHI MOD, FUTURISTI E PASSATISTI

 
Ascolto la breve intervista a Paul Weller che è contenuta nell’edizione consistente in CD e DVD di Sonic Kicks, ivi l’artista dichiara di essere stato ispirato anche da Metal Machine Music di Lou Reed.
 

Uno dei cliché più duri a morire è l’equazione Paul Weller=mod, un’espressione artistico-stilistica fallace che si trascina pressoché acritica insieme a quella altrettanto erronea Pete Townshend=Quadrophenia.
Il punto di rottura concettuale e senza ritorno di entrambe consiste nel dato fattuale e artistico che vorrebbe entrambi questi titani della musica inglese fermi, immobili e conservati nella formalina di una sola fase della loro, per contro lunga e proficua, anche se non uniforme nella qualità, produzione creativa musicale (per Townshend anche letteraria ([1])).

 
Certo, è molto rassicurante per l’ascoltatore (e non solo) crogiolarsi in uno stile perennemente uguale: pensate a chi segue Bruce Springsteen. Noia!

 
Ecco allora, meno capelli, più peso, comunque più rughe, i perennemente in parka che implorano canzoni di The Jam a ogni concerto ([2]).
Non che Weller non debba interpretarne, ma lasciate a lui scegliere! Vecchi mod contro il loro idolo ancora modernista.
 

Ognuno ha la sua Arcadia, ma è una fantasia degna di considerazione solamente se si risolve in sporadiche incursioni; mentre quella falsa sebbene tangibile e permanente è solo una polverosa scena poco più che bidimensionale.
Ecco il significato dello slogan futurista: Uccidiamo il chiaro di luna!. Ecco il perché dello scagliarsi di Filippo Tommaso Marinetti contro la Venezia passatista.
 

Il tedio degli scooter rally non finalizzati ai motori e alle silhouette eleganti di gloriose creazioni veloci a due ruote italiane (ecco ancora il futurismo ([3])), ma strumentali a un 1964 che già era l’anno di morte del mod, come lo fu poi il 1978 per il punk.
 

La noia dei concerti in cui si eseguono interi album (la critica è di Paul Weller, ma credo anche di altri), è come quella dei concerti dei Sex Pistols forse anche nel 1996 ([4]).
 

Attenzione: non ho scritto di buttare la vostra parka e il vostro giubbotto di cuoio: ma se indossate la prima sopra il secondo essi formeranno un antidoto al rischio di demenza artistica.

 
 

                                                                                                                      Steg

 
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[1] Mi piacerebbe molto se Weller scrivesse e pubblicasse racconti; ben poco della sua produzione (ormai quasi definibile giovanile) apparse all’epoca di The Jam, non chiedo (ancora) un’autobiografia.
[2] Non si salvano ovviamente nemmeno coloro che frequentano quei festival punk di vecchie glorie (con tutto il rispetto per The Damned o i Buzzcocks) e paiono una sbiadita cartolina per turisti di King’s Road circa 1985.
[3] Per questo sono da rifiutare orrendi ibridi come “scooteroni” e pseudo-motocicli a tre ruote o con un tettuccio: ancora sicurezza noiosa.
[4] E allora anche il tour The Seventh Year Itch di Siouxsie and the Banshees è da criticare.

1 commento:

  1. Steg, tutto ma non dei racconti scritti da Paul Weller, anche solo per il rischio. Bastano e avanzano quelli di Pete Townshend: allievo, allievo, ti prego non seguire il maestro.

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