"Champagne for my real friends. Real pain for my sham friends" (used as early as 1860 in the book The Perfect Gentleman. Famously used by painter Francis Bacon)



giovedì 7 novembre 2013

NEW YORK CAN’T DANCE (ANYMORE?)

NEW YORK CAN’T DANCE (ANYMORE?) ([1])
 
Quando morì Andy Warhol io studiavo a New York.
Vi assicuro che leggere la notizia di certe morti in loco è diverso dal saperne a migliaia (o centinaia) di chilometri di distanza.
Lo specifico subito: dopo aver pensato al titolo del post, mi è tornato alla mente che lui non voleva essere “painter” bensì “tap dancer”.
 
Nel febbraio 1987 erano tutti vivi, eccetto Billy Murcia e Truman Capote e la povera Edie ([2]) ([3]).
Quindi Gotham City restava immortale anche se imperfetta.
 
Ecco perché quella figura curiosa, albina come un coccodrillo delle fogne della città, sopravvissuta all’attentato di Valerie Solanas del 1968, non avrebbe potuto mai morire. E invece ..., e io ero lì a leggerne fra i molti e doverosi tributi della stampa, seduto di pomeriggio nel vagone di un treno alfanumerico ([4]) diretto uptown.
 
Poi si tratta solo di ordinarli per data, non ha alcuna utilità farlo, i caduti figli o anche solo adottivi della New Amsterdam: Zoë Lund, Johnny Thunders, Joey Ramone, Robert Quine, William Burroughs, Jim Carroll, Laura Nyro, Arthur Russell, Jam Master Jay, Adam “MCA” Yauch, J. D. Salinger, ... e tutti quelli che ho dimenticato (Willy De Ville “vale o no?” si domanderà il completista).
 
Sempre più stanca, vecchia e debole la città dell’Uomo Pipistrello cercava di continuare, rincuorata anche dalla residency di David Bowie.
 
Ma adesso? I nuovi (ex nuovi) proprio non li vedo e non li sento (più?).
Dove sono gli alfieri dell’electroclash? E “quelli di Brooklin” (scrittura e musica) che è sempre “la” (ma sarebbe più esatto “il”) nuova Manhattan e non lo diventa mai?
“Adesso” è dopo il 27 ottobre 2013.
 
John Lydon continua a camminare nella neve dell’inverno di inizio 1978 come un soldato in rotta dalla Russia, i Lovin’ Spoonful continuano a suonare – in mono – “Summer In The City”, Bob Dylan continua ad abbracciare la sua Suze Rotolo in una foto che farebbe rabbia a chiunque e, a peggiorare le cose, anche James Dean (zuppo di pioggia e esistenzialista, oppure spavaldo e asciutto: potete scegliere) continua a camminare dalle parti di midtown.
 
Finale romantico: ultima canzone di Transformer: “Good Night Ladies”.
Finale reale: “it’s like that, and that’s the way it isper dirla con i Run DMC, ed allora ce lo sudiamo al Red Zone ovviamente con le Adidas lasche, ma declaratorie tanto quanto un paio di – ovvio – Hudson Boots, come piace a noi.
 
Phew!
 
 
                                                                                                                      Steg
 
 
 
 

 


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[1] Il riferimento è al titolo di “Sally Can’t Dance” di Lou Reed.
[2] Sedgwick, lei forse vittima del friendly fire tossicologico come Billy Doll? E Capote non giovanissimo.
Insomma cose che capitano.
[3] Neanche un trafiletto per Anya Phillips e Jobriath? Certo non per le masse e, comunque, entrambi non simboli, nemmeno reietti, della città.
[4] Era la 2 (numero su fondo rosso) o la R (lettera su fondo giallo)?
“Subway Train” evidentemente, “peggio dei Warriors” direbbe qualcuno a me caro; se sai viaggiare nei borough lo sai fare ovunque.
Dimenticavo, a chiudere questa parentesi sotterranea: dovevate vederli i Guardian Angels nella primavera del 1983 partire nelle ombre serali in falange gothamita a proteggere sino alle propaggini la città!

1 commento:

  1. Riscrivo senza errori di battitura.
    Titoli di coda: 'There Used To Be A Ballpark', Frank Sinatra 1973 (l' album è 'Ol' Blue Eyes Is Back', credo). Non solo ode e lamento per i santi Brooklyn Dodgers che furono, ma a tutto quello che fu, è e sarà. Su New York non si può andare più in là di così, il tutto da un italiano di Hoboken (come Jimmy Roselli, non a caso). Il resto non è nemmeno mancia. Chi lo sa, lo sa -eccome.

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