ENRICO
VANZINA
(Sketches
series - 6)
Al cognome Vanzina, delle due l’una: i più giovani non hanno la minima
idea di chi si stia parlando, dai 40 anni in poi il riferimento è a una
cinematografia di facile consumo (film anche con seguiti, più o meno riusciti)
attribuita a due fratelli Enrico e Carlo, appunto.
Si tratta dei figli di un regista italiano di fama: Steno, ai tempi d’oro
associato a film leggeri ma ben realizzati: cito Un americano a Roma.
Ho scoperto, però, che Enrico Vanzina (nato nel 1949) è, se si vuole,
quasi l’opposto di un’immagine di cui forse non si è mai interessato: persona
colta, che scrive piuttosto bene, certamente non sbracata nelle apparizioni
pubbliche.
E allora? Beh, se volete leggere un romanzo noir ([1]) dotato di un pochino di
spessore e capace di una descrizione di Roma non da cartolina leggetevi Il gigante sfregiato.
Per chi fosse interessato anche ad altro, cercate Colazione da Bulgari, del 1996: è l’insieme delle “entrate” del suo
diario personale; che ivi si citino spesso Ennio Flaiano, abbastanza Leo
Longanesi ([2]) e qualche volta Dino Risi
([3]) non
è indice di rimbambimento intellettuale, bensì di una delusione per come,
continua, a peggiorare l’umanità italiana.
Steg
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scritto dell’autore.
[1] Mi
colpì la sua sintetica distinzione fra “giallo” e “noir” (o “hard boiled”
che dir si voglia) resa nel corso di un’intervista televisiva di qualche mese
fa.
[2] E
valga: “Vissero infelici perché costava
meno”.
[3] “Oggi in aereo si vedono delle facce che una
volta si vedevano in tram”: è il 1993.
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