"Champagne for my real friends. Real pain for my sham friends" (used as early as 1860 in the book The Perfect Gentleman. Famously used by painter Francis Bacon)



giovedì 7 novembre 2013

JEFF BUCKLEY: NEWYORKER BY ACCIDENT?


JEFF BUCKLEY: NEWYORKER BY ACCIDENT?

 
Il giorno in cui arrivò la notizia della morte (o meglio presunta morte dati i giorni di scomparsa, o forse era la data del cadavere ripescato? Non ricordo) di Jeff Buckley c’era in cartellone un concerto al Tunnel, a Milano. Non ricordo l’artista.
Dovevo incontrarmi lì con la mia amica Anna M. ([1]). Lei pianse come una fontana, e certo non si gustò l’esibizione dal vivo.
È in buona parte merito suo se mi avvicinai a questo cantautore, ma anche vorace interprete di altrui canzoni, come si vedrà.

 

Infatti, Buckley junior è fra gli artisti, come Kurt Cobain, che nei miei canoni ([2]) soffrono a causa della loro sovraesposizione (e santificazione) mediatica.
Del resto, avere una madre come esecutore testamentario artistico è peggio della morte, se poi ella è anche la vedova di vostro padre Jeff, anch’egli artista nella musica, allora è (se possibile) oltre il peggio: in certi ambiti occorre anche un poco di realismo e di cinismo: davvero si può pensare che Columbia (ora Sony) accettasse di pubblicare una serie di album dal vivo di un artista morto di cui esistono solo due album ufficiali in studio (uno è postumo)?

 

Jeff Buckley post mortem è stato quindi spremuto come un limone dal suo produttore di fonogrammi, ma senza velleità filologiche; spesso sembra di ingerire minestra riscaldata.
Ad esempio, esiste una MC7 importantissima, che si può ascoltare solamente grazie a un buon CD bootleg, di registrazioni demo fra le quali una cover di “Killing Time” di The Creatures (Siouxsie e Budgie): si tratta di Prelude To a Dream – The New York Garbage Can Tape.
Altro CD non ufficiale contiene la registrazione del concerto del 31 dicembre 1995 al Mercury Lounge di New York City.

 

Sì, perché dal sud della melmosa California (tanto vischiosa che The Skid Row fecero una cover di una sua canzone per onorarne la morte) Jeff si era trasferito a Gotham City, come qualsiasi persona dotata di senno.
La mentalità newyorkese è unica, non migliore, ma unica (come quella berlinese).

 

Quoi faire (a parte non seguire certe pronunce sgangherate di brave persone un poco grezze ([3]))?
Mentre vedete un documentario dedicato al secondo Buckley, andate per le edizioni espanse ufficiali di quanto egli ha registrato, e poi affidatevi ai siti internet amatoriali per farvi una idea. “Halleluja:” rimane comunque noiosissima, mentre nessuno oserebbe ascoltarsi consecutivamente più versioni di “Grace”.
Ma il, non giovanissimo (morì a 30 anni) Jeff era un segugio di canzoni misconosciute: se un lettore di 20 anni di questo post ascolterà la sua “Kick Out The Jams” e poi cercherà l’originale, la missione sarà di nuovo compiuta.

 

 

                                                                                                                      Steg

 

 

 

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[1] Un’anima tormentata e spesso non rispettata, lo posso scrivere per certo. Anna morì male, prematuramente, di una rara malattia.
[2] Canone nell’accezione musicale: cfr. “the European canon is here”: David Bowie, “Station To Station”.
[3] Non tutti hanno la cultura di Richard Hell.

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