"Champagne for my real friends. Real pain for my sham friends" (used as early as 1860 in the book The Perfect Gentleman. Famously used by painter Francis Bacon)



mercoledì 20 giugno 2012

NEW YORK O NO? (A second angle of vision)

NEW YORK O NO?
(A second angle of vision)



Mentre stasera vedevo, in DVD, un eccellente film documentario sulla scena cinematografica newyorkese post 1974 dal titolo Blank City, mi sono convinto che indipendentemente dalla matrice mediatica del blog, posso senza alcun imbarazzo trattare lo stesso argomento (specie se ampio) più volte ([1]) anche perché l’impeto di scrivere è sempre diverso.



È il 1979, tarda primavera, come spesso accade bazzico il centro a caccia (non si tratta di metafora) di stampa musicale straniera.
Incappo da Algani ([2]) in un numero di Le Monde De La Musique che strilla in copertina un servizio sulla no wave di NYC. Mi pare chiaro che sia qualcosa di serio.



La mia mossa successiva è l’ennesima, diligente, trasferta a Gallarate – in un altro gradevole pomeriggio assolato – per chiedere se hanno No New York ([3]).
Paolo Carù, titolare dell’omonima mecca – non esagero – del disco, mi estrae copia dell’album, prodotto da Brian Eno (come recita un mio acerbo ma preciso post), su cui si incentra l’ampia inchiesta sulla scena musicale downtown della testata francese.



Il mio esemplare in vinile ha una caratteristica quasi Dada: la inner sleeve è incollata al contrario, il che mi portò a dattiloscrivere i testi dopo averli decifrati controluce.



Quella copertina sfuocata, virata verso un verde intonaco ospedaliero di fondo, custodisce delle registrazioni fantastiche che ancora adesso (le sto proprio ascoltando) impongono quasi un esame di coscienza.
Che sia successivo (post/after/növo) o negativo (No) e per di più definito per metropoli, il suono ha superato il punk e la wave ([4]) e non consente già più di andare per categorie: gli artisti vanno scelti uno per uno.
Inoltre, e di nuovo, si impone una percezione anche spaziale: New York non suona come Londra, così come Akron non suona come Manchester.



Gotham City allora ha ancora, e diminuiranno lentamente per diversi anni, macerie quasi evidenti a un turismo guardingo che pressoché sempre condivide i locali pubblici con i cittadini ed essa ha inoltre una mancanza di cordialità (basti “leggere” con attenzione Taxi Driver) che la rendono insuscettibile a un raffronto.



Oggi le tracce della New York City importante per l’arte contemporanea (di ogni genere, forse si deve precisare) di fine secolo scorso non esistono quasi più – non solo in ragione di una velocità nel cambiamento (se fosse ricostruzione certo Berlino sarebbe comparabile) che non ha uguali in Europa. Cosicché anche qui l’archeologia del visitatore è più agevole se si cercano reperti vecchi di cento anni.
Ecco allora che per coloro che ignorano la città di oltre 5 lustri fa le immagini sono più che complementari all’ascolto di quasi tutto.
Ma certo la differenza tra il CBCB’s e il Max Kansas City non è spiegabile.


Sfortunatamente, c’è molto poco di disponibile in videogrammi quanto a film underground della Città che non dorme mai, ed è anche per questo che Blank City è meritorio; mentre talvolta mi vengono a noia i rifiuti di Richard Hell rispetto al proprio passato (ed infatti egli non compare nel film).

No New York, invece, si può reperire sia in CD sia in vinile, il contenuto è identico ([5]). A chi decidesse di esplorare questa scena musicale newyorkese consiglio di partire da qui, piuttosto che da altre antologie o da quanto riuscisse a reperire dei singoli artisti, perché altrimenti si perde in prospettiva ([6]).



Della storia della tazza del wc del diner 24/7 (o quasi) Phoebe, giù verso la Bowery, magari scrivo un’altra volta, niente di serio per carità (il problema era la toilette al CBGB’s!).





                                                                                                                      Steg







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[1] Senza la pretesa di reputarmi alla stregua di Lucio Fontana e i suoi tagli, o Piero Manzoni e i suoi acromi, o Mario Schifano e i suoi paesaggi anemici.
[2] Per decenni sinonimo, a Milano, di stampa straniera, autentica maison de la presse che si affacciava su Piazza della Scala con leggendarie “caselle” dove gli abbonati trovavano le copie loro riservate di quotidiani e periodici. Da qualche anno il negozio vende solo souvenir.
[3] Nel bello di una gestione del proprio tempo da matricola universitaria, c’è anche evitare i pellegrinaggi del sabato.
[4] Sebbene le fratture siano più apparenti che altro: sia per motivi cronologici sia per ragioni di evoluzione fisiologica degli artisti locali: basti considerare i Suicide, uguali a loro stessi per decenni, o i “figli” delle New York Dolls.
[5] Un caso in cui una versione expanded sarebbe dannosa, ma poi per quale mercato? Se la lettura di questo post condurrà alla vendita di una copia sarà un successo.
Contenuto identico, colori di copertina un poco esagerati nelle ristampe rispetto all’originale.
[6] Dopodiché un buon modo per procedere può essere quello (tutti in formato CD, in vinile non garantisco) di cercare le antologie della ZE Records (tutte splendide, semplicemente scegliete in base alla tracking list) e/o i tre (anche se il primo pare già a quotazioni impossibili) volumi della Soul Jazz Records intitolati New York Noise.

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