TOROS
Y CORRIDAS ([1])
(“Di Miura si muore”)
Sto leggendo un
romanzo – o apparentemente tale ([2]) – interessante
intitolato Il toro non sbaglia mai ([3]), che
fra l’altro motiva anche sotto questo aspetto il mio preferire Madrid a
Barcellona ([4]).
Interessante in
quanto ben scritto, capace di informare sull’argomento di cui tratta, con una
trama sino ad ora non prevedibile (sono intorno ai due terzi) e, forse, l’unico
difetto di un risguardo di copertina che qualifica come più vecchi di quanto
siano (entrambi hanno meno di 40 anni) il protagonista e il suo “maestro di
tori” e forse in tal modo ha allontanato qualche potenziale lettore ([5]).
Leggere un libro
sulla tauromachia ha un fattore quantitativo che lo differenzia dalla lettura
di un libro sul calcio: in gioventù e in età adulta sono molti meno coloro che
hanno partecipato ad una corrida.
Qualitativamente
non ci sono paragoni: dei due solo il calcio è uno sport ([6]).
Mi ritengo
inadeguato nel fornire elementi qualificanti e distintivi dell’arte di toros y toreros. Anche il fattore morte
non è da solo sufficiente a specificarla; sebbene, certo, sport come
automobilismo e motociclismo condividano con le corrida proprio quel rischio
massimo per chi li pratica che, è innegabile, attribuisce anche ad essi un
fascino particolare ed antico.
Qui ovviamente
cominciano le polemiche ([7]).
È possibile
cambiare idea, nel senso di appassionarsi alla tauromachia dopo averla
criticata?
Secondo Nucci sì;
pur se io credo che sia un evento non comune, a meno di non essere stati
abbagliati dalle argomentazioni degli animalisti e, anche, inizialmente non essersi
concessi di avere dei gusti non necessariamente conformi con quella “correttezza”
esistenziale che, fra l’altro, non indica mai da dove essa tragga i propri
principi fondamentali.
L’incidenza
della corrida sul presente e sul futuro dell’umanità mi risulta molto bassa.
Un dato questo che
può, appunto, consentire di, e contribuire a, scegliere secondo un gusto
emotivo ([8]) e,
perché no, anche estetico, se essere pro o contro l’arte taurina (che comprende
più aspetti, non solo quello finale e solenne che si celebra nella plaza de toros).
In conclusione:
se siete interessati all’argomento il testo di Nucci – che ha anche una buona
appendice bibliografica – è probabilmente più attuale, nel senso di
letterariamente accessibile al profano, di Death
In The Afternoon di Ernest Hemingway ([9]).
Se siete dei
cacciatori di libri, provate con Volapiè:
La Spagna torera dal Cid al Cordobes dell’Italiano Max David ([10]).
Per i più
curiosi, segnalo già io ([11]) il
monotematico blog http://alle5dellasera.blogspot.com
di Luigi Ronda.
In particolare leggetevi
il post http://alle5dellasera.blogspot.it/2010/07/ce-sempre-un-coglione.html.
Almeno se siete contrari alla corrida siatelo con la coscienza del fatto che potreste
essere voi, e non noi, gli intolleranti.
Steg
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pubblico senza il preventivo ottenimento, in ciascun caso, dell’espresso
consenso scritto dell’autore.
[1] Come
è mio uso, ed era regola un tempo, non declino in Italiano la parola, quindi al
plurale resta corrida, o si passa allo Spagnolo corridas.
Uguale per torero (del
resto nessuno al plurale declina matador
in “matadori”, a parte la genericità del termine).
[2] Talvolta si ha
l’impressione che quella narrativa sia una struttura adottata per maggior
scorrevolezza.
È puramente casuale il
fatto che il titolo possa ricordare quello di un mio post (anche perché quel titolo è il virgolettato di una frase).
[5] In
realtà c’è anche un altro errore, seppur minimo. Come se scrivere i risguardi
fosse cosa da poco.
[6] Non
ci sono prove che – un suo estimatore come – Ernest Hemingway avesse
classificato la corrida fra gli sport. Il mio giudizio globale su questo
scrittore non è uniforme, peraltro.
[7]
Rimando a Nucci e al post che cito in
chiusura per ciò che concerne “vita e morte del toro da arena”.
[8] Non
intendo essere blasfemo nei confronti degli appassionati (io al massimo sono un
sostenitore) di tori e toreros: un
analogo elemento di scarsa incidenza mi conduce a schierarmi contro la
legislazione californiana che vieta il paté
de fois gras.
[9] Che però è interessante anche per le foto, se trovate un’edizione, va
bene tascabile e pure in traduzione che le ha.
[10] Nel
dicembre 2012 ho avuto la piacevole sorpresa di trovare una seconda edizione,
che non sapevo esistesse, ma il volume rimane raro: del 1969 e 1970, le
edizioni Bietti di Milano. Esiste anche un’edizione anastatica realizzata nel
2005 nella collana “I libri del premio Max David” (credo fuori commercio).
Alla peggio prendetelo a prestito in una biblioteca
pubblica.
Ma nel 2021 rieditato per le Edizioni Settecolori.
[11] Nel
senso che io lo ho trovato nel romanzo di Nucci, ma ognuno può esplorare o
approfondire l’argomento dal punto di partenza che vuole.
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