"Champagne for my real friends. Real pain for my sham friends" (used as early as 1860 in the book The Perfect Gentleman. Famously used by painter Francis Bacon)



venerdì 23 novembre 2012

“ME GUSTA LA TECHNO DE DETROIT”

ME GUSTA LA TECHNO DE DETROIT ([1])
 
Metroplex, Transmat e KMS sono la trimurti di una delle più interessanti, ma poco note, correnti musicali dell’ultimo quarto del secolo scorso.
 
La splendida ignoranza della massa fa sì che la Techno sia considerata come musica da macelleria danzereccia confezionata a BPM infartuali “gabber” da qualche parte nei Paesi Bassi ([2]).
Una sorella “minore e minorata” della House, della quale già nemmeno ci si preoccupa di svolgere considerazioni.
 
Ebbene almeno diciamo che la sorella/stra maggiore è di Chicago mentre la sua giovane germana nasce anch’ella in quel midwest lontano dalle due coste e che quindi soffre di inferiorità rispetto alle due capitali della musica riconosciute mondialmente ([3]) ([4]).
 
Tre le etichette e tre i nomi fondamentali: Derrick May, Kevin Saunderson e Juan Atkins.
Ragazzi che amano la musica elettronica, riconoscono valore sia ai Kraftwerk, sia ai Depeche Mode.
Nulla di strano se non fosse che l’asse fra la città dei motori e Düsseldorf ([5]) è tracciato da artisti di colore.
 
Dodici pollici pressati su vinile quasi butterato che si esportano in Europa (da pronunciare quindi “Oiropa”).
Un album fantasma per anni per un omonimo gruppo fantasma, Cybotron.
 
L’azzeramento visuale aumenta il mistero ([6]).
 
Che fare? Evidentemente ascoltare la musica assicurandosi di non incappare in derivazioni.
Si stagliano, quasi ad ogni costo, due antologie: Retrotechno-Detroit Definitive e Techno One and Two ([7]) e poi il l’espanso Motor City Machine dei Cybotron e l’assoluto Classics dei Model 500.
Dopodiché, ognuno potrà muoversi con le proprie gambe e, magari, cercarsi qualche antica antologia della berlinese etichetta Tresor.
 
 
                                                                                                                      Steg
 
 
 
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[1] Troppo facile intitolare il post “Techno por favor”, canzone da cui è tratta la citazione.
[2] Rispetto ai quali altra ignoranza garantisce soggiorni opachi fra un manifesto arrotolato di Van Gogh e velleità edonistiche comprate a poco prezzo per squallide escursioni tabagistiche o veneree. Rispettivamente: la prima prassi riferita prevalentemente alle donne, la seconda ad entrambi i sessi e la terza agli uomini.
[3] Nashville è snobbata, ma tre, ancora, sono le legislazioni statali fondamentali per la musica negli USA: California, Tennessee e New York.
[4] Ma come sanno i conoscitori, nella Città dei motori hanno avuto: i natali la Motown – crasi – e risonanza MC5 e The Stooges.
Aggiungo “Panic in Detroit” per il buon intenditore.
[5] Con una frangia berlinese. Posto che una influenza significativa, sebbene ancora meno nota, è data dalle Liaisons Dangereuses, compagine che nella formazione a trio ha creato “Los Niños Del Parque”.
Ebbene se Chrislo Haas arrivava dai non ancora cruciali Deutsch Amerikanische Freundschaft, Beate Bartel proveniva dalla all girl band nativa di Metropolis Mania D (vedi Malaria! per le sue compagne d’avventura).
[6] Un dato interessante è che questo genere musicale rimane assolutamente senza volto, a differenza dell’iconografia che la “costola hip hop” della House in qualche modo offre.
Anche per questo motivo, scrivo meno del solito.
[7] Si tratta dell’assemblaggio di due album in vinile in un doppio CD.
Fruscia il vinile in qualche traccia dell’altra compilation citata, a riprova del valore anche amatoriale (ma non dilettantesco: conferma ne sono le corpose note di copertina) del release.
 

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