"Champagne for my real friends. Real pain for my sham friends" (used as early as 1860 in the book The Perfect Gentleman. Famously used by painter Francis Bacon)



giovedì 26 febbraio 2015

BUENOS AIRES E OLTRE (“¡Dame dos!”)


BUENOS AIRES E OLTRE
(“¡Dame dos!”)

 

Secondo una prospettiva di sistema, scrivere di Buenos Aires e della nazione di cui è capitale ([1]) è congeniale al blogger in quanto – per luogo comune ([2]) – la capitale dell’Argentina ha (o ha avuto per decenni) la più alta concentrazione di psicanalisti del mondo.
Io mai mi rivolgerò a uno psicologo, salva la resurrezione di Sigmund Freud, ma certo non nego la rilevanza di guardarsi dentro, ogni tanto.
 

In una continuità negativa, nonostante la mia passione devota per Ayrton Senna, il mio disinteresse per il Brasile permane intatto ([3]) e considero il campionissimo paulista soltanto un argentino nato in una nazione sbagliata: il trimondiale di Formula Uno era un malinconico assoluto, un gaucho che montava cavalli vapore e non certo un sambista spensierato. In un mondo ideale egli avrebbe dovuto ritirarsi gigante, pur se agonisticamente mano a mano con Juan Manuel Fangio (argentino).

 

Devo ringraziare Hugo Pratt, ma soprattutto Alberto Ongaro: sin da quando, ragazzino appena teen, lessi per la prima volta il suo, secondo libro, Un romanzo d’avventura e subii il fascino lontanissimo e solitario (non sempre triste e finale, ma ... ([4])) di quella città assolutamente impossibile da immaginare, ma che confina sempre e soltanto con la pampa dello hogarthiano Drago, un gaucho fumettistico talmente estraneo a ogni classificazione che per voi non ha nemmeno senso leggerlo (oppure sì?).

 

Dunque fra leggende future ([5]) delle historieta e passati fasti bruciati dal cinema con improbabili cavalieri dell’apocalisse cominciava ad ardere una fiamma personale, curiosa e malinconica.

 

A mo’ di reprise: la Samba mi fa schifo.
Il Tango lo apprezzo innanzitutto siccome tragico e poi in quanto molto bello e rigoroso nei passi. Poi che sia un cantato da Carlos Gardel o un bandoneato del mardelplatense Astor Piazzolla è questione di momenti.
 

Y todo a media luz ([6]) è il vero titolo della storia di Corto Maltese che poi ([7]) tutti conobbero come Tango.
Rifletteteci: il titolo originario, che è quello di “un” tango, accentua quel ruolo pivotale che ha la luce nelle nazioni di lingua castigliana: la luce è fondamentale quando si sceglie il posto per vedere una corrida, ma evidentemente lo è anche in una sala piena di ombre (rammento il bonaerense Caffè Tortoni, non una tangheria ma allora ...) sulle cui tavole di legno del pavimento scivolano i passi dei ballerini.

 

Cosa si trova in Argentina? Potrei rispondere che non lo so, in quanto dopo oltre 20 anni dalla mia seconda e ultima visita anche lì le cose saranno cambiate.
Non so che fine abbiano fatto quegli eleganti sebbene anacronistici “colectivo”, tutti cromo e anni ‘50, con cui si traversavano pezzi della Capital Federal.
 
Credo si trovi ancora (e sempre) quella ospitalità per cui a Mar Del Plata il titolare di uno stabilimento balneare, durante un lungo e assolato pomeriggio, mi offrì illimitati caffè espresso solo in quanto Italiano, io.
Per cui la mia guida la seconda volta che andai a Baires non solo si preoccupo di invitarmi a trascorrere la fine dell’anno in famiglia da lei (altro a seguire su quella sera), ma si premurò anche di portarmi in aeroporto con un van perché le strade erano allagate (questo accadeva poche ore dopo essere stato riaccompagnato in albergo da qualche suo parente).
Per cui la famiglia Güiraldes si preoccupò di mettermi appena possibile di nuovo a disposizione la stanza padronale della estancia di famiglia, cuarto comprensivo di scala di legno che conduceva alla biblioteca dell’avo (l’autore di Don Segundo Sombra).
 

L’Argentina è un paese elegante, anzi una nazione di signore e di signori. Dunque anacronistica.
I signori sono quelli che non devono esibire nulla di nuovo per dimostrare chi sono. Invero tutti i loro effetti personali paiono essere immuni da età e privi provenienza, sono e basta.
Ciononostante, la frase che ormai da circa un quarto di secolo mi torna nelle orecchie ogni tanto, e che in qualche modo è il degno sottotitolo del nome della nazione è “¡Dame dos!”: perché l’Argentino quando compra tende a esagerare e compra doppio. Questo aneddoto proviene dal mio primo soggiorno presso los Güiraldes, me lo raccontò la nonna (obiettiva mente non ricordo di chi fosse la madre).
 

E qualche altro ricordo e pensiero.

 

I cavalli in Argentina sono tolettati in modo che non ci sia un pelo in eccesso (prima ancora che fuori posto): Criniera a spazzola e il resto di conseguenza. Il primo colpo d’occhio offre una visione che per un europeo può sembrare quasi oscena siccome non siamo abituati.
Le redini “a mazzetto in una mano, gaucho o polista che tu sia o pretenda di imitare.
Ricordo le mie partenze, da fermo, al galoppo.
I migliori cavalli del mondo.

 

Alla Cabaña di Buenos Aires: pasteggiando con bottiglie di Coca-Cola da 33 centilitri su filetti con controfiletti inseparati di manzo monumentali.

 

Ti senti a casa ogni volta che ordini una – sempre formato argentino – milanesa de ternera.

 

Alla prima colazione in veranda arriva pane del giorno precedente – come dovrebbe essere naturale – tostato su cui, in alternativa a confettura o marmellata, puoi spalmare una crema marrone: chiedi in un mix di lingue se contiene cioccolato, la riposta è no. Scopri il dulce de leche.

 

La piscina si chiama pileta.

 

I ghiacciai sono di colore blu trasparente.

 

Bariloche: un gran cioccolato, un lago maestoso, …

 

In Patagonia di Bruce Chatwin lo avevo già letto sdraiato su una spiaggia libera di Key West.

 

Ho capito Courrier Sud di Antoine de Saint-Exupéry volando da Rio Gallegos (o era Entre Rios?) con l’azzurro del cielo argentino sopra di me.

 

Andrés Calamaro. Meglio tardi che mai: continuo a non ricordare quale fosse il titolo della sua canzone ascoltata alla radio di cui un tre lustri fa non trovai a Madrid il singolo o l’album che la contiene. Ho rimediato: ho chiuso il 2014 con alcuni suoi album ([8]) in valigia di ritorno da Barcelona e proseguo nella discografia del porteño, scorretto rockenrollero dylaniano e amico di Fresán, più che cinquantenne “Mitad hombre-mitad marisco” ([9]).

 

 

                                                                                                                      Steg

 

 

 

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[1] Questo post di impressioni non può rientrare nella Sketches series in quanto troppo lungo.
[2] Secondo Rodrigo Fresán, mi rifaccio al suo romanzo Esperanto, il fenomeno risale agli ultimi anni settanta.
[3] Di nuovo, sembro condividere il sentimento per lo meno con il protagonista di Esperanto: Federico Esperanto.
[4] Sto citando un grande autore argentino: Osvaldo Soriano.
[5] Qui invece non sto citando David Bowie.
[6] Strofa di un tango del genere milonga celeberrimo: “A media luz” del 1924: musica di Edgardo Donato, testo di Carlos Lenzi.
[7] Fu pubblicato per la prima volta a puntate sul mensile Corto Maltese a partire dal giugno 1985. Anche la prima edizione francese mantiene il titolo originale.
[8] Fra cui i fondamentali Honestidad Brutal (doppio CD) e El Salmòn (quintuplo CD).
[9] Come lo definì Miguel Abuelo, fondatore del gruppo Los Abuelos de la Nada in cui Calamaro militò fra il 1981 e il 1985.

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