"Champagne for my real friends. Real pain for my sham friends" (used as early as 1860 in the book The Perfect Gentleman. Famously used by painter Francis Bacon)



giovedì 9 ottobre 2014

LA MARCHESA LUISA CASATI (o del tentativo di rendere consumabile l’inconsumabile, a tacere del “camp”)


LA MARCHESA LUISA CASATI
(o del tentativo di rendere consumabile l’inconsumabile, a tacere del “camp”)

 

Incappai nella figura e nella vita della Marchesa Luisa Casati ([1]) nel 2003, in ragione di una recensione nemmeno tempestiva ([2]) dell’edizione italiana di Infinite Variety – The Life and Legend of the Marchesa Casati  ([3]).
Ebbi fortuna: esistevano ancora le librerie, e trovai una copia nella prima in cui entrai all’uopo.
Ebbi una seconda fortuna: contattai nei giorni successivi l’editore della precedente (e credo prima) biografia della Marchesa Casati e esso ancora disponeva di copia del volume di Dario Cecchi, intitolato Coré – Vita e dannazione della Marchesa Casati ([4]) che mi inviò prontamente.
In seguito acquistai anche l’edizione originale e quella francese di Infinita varietà, posto che esse hanno illustrazioni in parte diverse.
Terza fortuna: anni dopo rinvenni casualmente (ma non senza metodo ([5])) copia di La divin marchesa, volume di “contributi” di vari autori edito ([6]) pressoché in contemporanea con l’opera di Cecchi.

 

Dopo il 2003 in Italia direi il nulla e ciò mi sembra adeguato all’indole della nazione: in fondo Luisa Casati è semplicemente una voce senza fotografia a pagina 50 di Camp – The Lie That Tells The Truth ([7]), volume di struttura enciclopedica che ancora oggi credo sia il miglior punto di partenza per la non definibile posa/attitudine/(altro?) che è il “camp” ([8]).
Probabilmente è più conosciuta di lei la sua lontana “familiare acquisita” (ma anche lei non era nata “Casati” e dal marito si separò): quella Casati, nata Anna Fallarino ([9]) e marchesa anch’ella per matrimonio, uccisa dal marito ([10]) Camillo Casati Stampa di Soncino ([11]) il 30 agosto 1970 ([12]).

 

Ora ecco che, c’è da chiedersi con che previsioni di esito, Luisa Casati riappare alla fine del 2014 come soggetto di una mostra che sin dal titolo sembra un rifacimento: “La divina marchesa”. Sede dell’esibizione l’indubbiamente délabré, come tale perfetto, e certo non luminosissimo Palazzo Fortuny di Venezia; evidentemente non era possibile chiedere quel Palazzo Venier dei Leoni che per quasi tre lustri fu di proprietà della Marchesa ([13]).

 
Indipendentemente dal numero dei visitatori dell’esposizione, mi domando che cosa capiranno essi dell’esprit de “la Casati”, credo nulla.
In una città dove il turismo peggiora per grado di volgarità ([14]), nazionale ed estero, in un mondo dove, forse, è meglio andare in gondola a Las Vegas (o in Cina?), che senso ha rievocare i fasti scellerati ed unici, dunque non massificabili siccome non ripetibili e consumabili una sola volta, di questa pirotecnica “femmina folle” ([15]) e “di lusso” ([16]), forse non bella ma evidentemente in grado di ammaliare uomini non certo da poco?
E fra quanti anni (o mesi?) vedremo le copie invendute del catalogo diventare prima carta da macero e poi rarissime?
 

Vi sembrano evanescenti queste righe? Può darsi: sono un poco camp anche loro.

 

 

                                                                                                                      Steg

 

 

 

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[1] Nata Luisa Ammann, ricca famiglia di imprenditori, a Milano, nel 1881.
[2] Segnalatami essa sì tempestivamente, da EKS.
[3] Gli autori sono Scot D. Ryersson e Michael O. Yaccarino, il volume ebbe una prima edizione negli USA nel 1999.
Infinita varietà – Vita e leggenda della Marchesa Casati il titolo italiano, edita da Corbaccio (Milano).
[4] L’editore era, nel 1986, L’inchiostro blu di Bologna.
Coré era l’appellativo con cui usualmente Gabriele d’Annunzio, suo amante e amico, apostrofava la Marchesa.
[5] Passare a spazzola (se non a pettine)  i banchi di libri usati richiede discreti esperienza, allenamento e tecnica.
[6] Formalmente da Edizioni Ritz Sadler, sempre Bologna, sempre 1986. Notate la troncatura dell’aggettivo nel titolo, a ricordare il Marchese De Sade.
[7] Scritto da Philip Core e pubblicato nel 1984 a Londra da Plexus.
[8] Chi fosse interessato può anche (ma non solo) leggere i due volumi curati da Fabio Cleto, PopCamp, Milano, Marco Y Marcos, 2008 come numero 27 della rivista Riga.
[9] Nel 1929.
[10] Omonimo del marito di Luisa siccome ne è il figlio (non della Marchesa).
[11] Località che diede i natali a Piero Manzoni.
Marito che ne uccide anche l’amante e poi si suicida, sempre con il fucile da caccia.
[13] Oggi è sede, dopo essere stato dimora della “Siora Peggy”, del museo Collezione Peggy Guggenheim.
[14] Ma quelli con le buste sottovuoto di salumi al Vittoriale di d’Annunzio non sono da meno.
[15] Cito Erich von Stroheim ma solo perché mi piace la definizione, senza seguire il contenuto del suo film Foolish Wives.
[16] Un mammifero pitigrilliano? Più una “playlady”.

2 commenti:

  1. Learn more about this extraordinary woman:
    http://www.marchesacasati.com/index.html

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  2. Salve, sono alla disperata ricerca di Core' di Cecchi da anni. Potrebbe aiutarmi? una bella copia scannerizzata...le pago il lavoro. Grazie.

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