"Champagne for my real friends. Real pain for my sham friends" (used as early as 1860 in the book The Perfect Gentleman. Famously used by painter Francis Bacon)



sabato 28 novembre 2015

“LE LISTE DEGLI ALTRI” (rubrica giornalistica esaltante e dinamica come il rock cristiano)


“LE LISTE DEGLI ALTRI”

(rubrica giornalistica esaltante e dinamica come il rock cristiano)

 

Premessa: questo post non è un seguito ai miei precedenti scritti nel blog sulla inutilità degli elenchi e (l’inutilità) delle 1001 letture/visioni/ascolti/viaggi obbligatori prima di morire.

 

Precisazione: il rock cristiano è sintetizzabile nel tentativo musicale di coniugare un genere musicale (sarebbe più corretto parlare di rock ‘n’ roll, ma non la ho inventata io la definizione, ed il venire meno del “‘n’ roll” in essa dovrebbe già suggerire qualcosa) che nasce come non conforme alla morale corrente con precetti religiosi della cristianità. Sorta di ossimoro con risultati davvero modesti, che infatti non si ricordano.

 

Nota tecnica: i titoli qui citati non corrispondono (parzialmente) alle mie 10 canzoni, quanto ad un artista (forse due) menzionato non si tratta nemmeno di uno dei miei cento artisti. In un caso ho optato per non inserire nell’elenco delle non citate in Sette un titolo per evitare di essere considerato inutilmente polemico.

 

Ebbene: c’è una rubrica intitolata “Le liste degli altri”, a cura di Severino Salvemini pubblicata su Sette ([1]) che trovo veramente desolante. Speravo migliorasse ma non è così.

Essa consta di un breve profilo dell’“altro” di turno e la sua lista delle 10 canzoni ([2]) che “hanno accompagnato (o segnato) la sua vita”.

 

Se la memoria non mi inganna, non ho mai rinvenuto in una delle liste non dico, a scelta: “Holiday in Cambodia” (Dead Kennedys), “No Fun” (The Stooges) “Celebrai” (Alberto Radius) o “Diversi” (Prozac +), ma almeno “Everyday Is Like Sunday” (Morrissey) o “Old Friends For Sale” (Prince).

Convinti di essere moderni (ormai diversi degli intervistati sono più giovani di me, dunque “c’è anche il ‘grunge’”), forse – forse, gli stilatori delle liste citano canzoni banalotte di artisti che anche hanno interpretato (e magari anche composto e/o scritto) opere degne di passare per lo meno alla cronaca musicale più alta.

 

“E il jazz?” potrebbe domandarmi qualcuno. Rispondo che non ho visto menzione: di Albert Ayler, di John Zorn o (se è anche jazz) di James White/Chance.

 

Risultato, non voluto: la superfluità e staticità della rubrica, proprio come il rock cristiano. E forse anche come la media culturale italiana.

 

Insomma, “Frankie Teardrop” (Suicide) era, è e sarà sempre ignota alla rubrica.

Probabilmente è meglio così, perché “non le canzoni illustrano gli uomini, ma gli uomini le canzoni” direbbe Niccolò Machiavelli.

 

 

                                                                                                                      Steg

 

 

 

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[1] Periodico del Corriere della sera abbinato al numero del venerdì.
[2] L’espressione impiegata è “brani musicali”; ma allora sarebbe corretto scrivere “opere musicali” (si veda la legge n. 633 del 22 aprile 1941).
Peraltro, che senso ha parlare di corpus mysticum quanto di ognuna non sono indicati gli autori e compositori, ma solo gli interpreti (ed allora si è nell’ambito del corpus mechanicum)?

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