"Champagne for my real friends. Real pain for my sham friends" (used as early as 1860 in the book The Perfect Gentleman. Famously used by painter Francis Bacon)



giovedì 30 aprile 2015

LE TRADUZIONI SONO SEMPRE DEMOCRATICHE?


LE TRADUZIONI SONO SEMPRE DEMOCRATICHE?

 

L’argomento lo ho già affrontato, ma sotto un profilo parzialmente diverso ([1]).
Oggi lo riprendo con altri nomi e cognomi, quanto agli autori – e con loro i lettori – beneficiati o sfavoriti dalle traduzioni.
 
Mi picco di saper leggere qualsiasi testo in lingua inglese moderna; credo di poter leggere abbastanza in Francese e anche in Spagnolo.
Qualche volta, però, capita che un volume sia disponibile a prezzo migliore in edizione italiana: faccio l’esempio di Surf city (titolo orginale Tapping The Source) di Kem Nunn, volume comunque di difficile reperimento: buona traduzione.
 
Mi sono accorto della bravura di alcuni traduttori dei romanzi di Hugues Pagan ([2]) quando ho trovato delle note a piè pagina che segnalavano riferimenti non evidenti nell’edizione originale ([3]), a parte “il puntino prima del numero” nella descrizione del calibro delle armi da fuoco che apprezzo sempre.
 
Apprezzo le dichiarazioni d’intenti e le note a fine volume dei due traduttori di Acqueforti di Buenos Aires (ovvero Aguafuertes porteñas) di Roberto Arlt.
 
I problemi sorgono quando si scopre che il traduttore strafà (per assurdo è proprio quando il traduttore pensa di diventare autore senza considerare il valore dell’opera originale), oppure non conosce l’argomento; può capitare anche contemporaneamente. Ciò a detrimento dei bravi traduttori.
 
Arrivo così a Arturo Pérez-Reverte ([4]), autore che pretende le accentazioni secondo la vecchia grafia castigliana nella propria lingua, e per il quale (o meglio anche per il quale, anche oltre ai suoi lettori migliori) le parole usate contano e una cattiva traduzione è come un paio di scarpe impolverate calzate esibendo un abito di buona fattura.
Ecco così che le due (non c’è riferimento di chi ha tradotto cosa) traduttrici della raccolta di scritti intitolata Le barche si perdono a terra (letterale traduzione dell’originale Los barcos se pierden en tierra) mi buttano lì, in poche pagine: un’espressione di tipica matrice romanesco-laziale; anziché prodursi in una nota a piè pagina esplicativa al riguardo trasformano due corpi dotati di loro denominazione precisa in “carabinieri” e “poliziotti” nella loro descrizione; poi mi trovo (Pérez-Reverte è un estimatore di Emilio Salgari) a leggere che Emilio (rectius il Corsaro Nero) sarebbe di “Roccanera” anziché di Roccabruna (o Roquebrune, di questi tempi). Non sono dettagli.
In questo caso, la traduzione non è più democratica – in quanto essa rende disponibile anche a chi non conosce la madrelingua dell’autore la sua opera cercando di mantenere fedeltà e stile –, bensì diventa fuorviante e financo onerosamente elitaria: chi conosce l’argomento (pochi) e la lingua i  cui è scritta l’opera è costretto a ricostruire l’esposizione dell’autore.

 

 

                                                                                                                      Steg

 

 

 

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