TONITO MEMORIAL
(To live and die
in Milano – note sul punk e oltre)
1. Ragioni di un tributo.
Ci sono le persone che nella vita ti segnano:
spesso sono quelle frequentate poco, e così esse mantengono un’aura
inscalfibile che invece è negata a coloro che sono l’abituale, o anche il solo
soventemente, incontrare.
Nel
novero di questi pochi che per sempre si ricorderanno, è la regola che si
tratti di persone ammirate, anche invidiate.
Difficile
eccezione è invece quando negli scranni più alti della memoria siedono, fra le
altre, figure oscure o comunque figure che non rientrano (più? ([1]))
nella norma, la cui alterità non è però (come invece si “dovrebbe fare” per non
rischiare) respinta da chiunque.
Io
vedo i giovani di oggi, e sono ormai tutti come quelli che venticinque anni fa
o giù di lì si “facevano il codino” di capelli: per me sono indistintamente
impiegati-del-piercing, travet-del-mohawk, tatuati-a-reddito-fisso.
Trasgressione dopolavoristica insomma ([2]).
Ovvero
nessuno è più in grado di offrire una immagine che sia capace di scontrarsi con
il resto e, quindi, che sia utilizzabile come riferimento per chi si scopre non
allineato, ma si sente ancora indefinito. Il punk, quello originale, ha infatti
fornito ed esaurito l’ultima chance di conflittualità ([3]).
Oggi
niente è ancora in grado di – almeno – epater
le bourgeois perché, appunto, come sempre si è lamentato da parte nostra,
intorno al 1979/1980 tutto si è organizzato in modo da poter sempre massificare
ogni indicatore di ribellione giovanile per trasformarlo rapidamente in commodity; nel frattempo si sono create
generazioni in cui non ci sono più i kid che si oppongono agli adulti, bensì i
primi semplicemente si defilano ed i secondi invece tentano di fare gruppo.
Questo
scritto ([4])
invece è il tributo a un kid che si era messo contro, e a un certo punto dal
contro è finito nella road to ruin,
senza possibilità di uscirne più fuori. E infatti è morto, nel 1996, il 26
settembre a meno di cento giorni dal suo trentasettesimo compleanno ([5]).
Ma
era brillante, e intelligente, e tagliente, oh! come tagliava. Così non è mai
stato noioso perché pure nel grigio sempre più grigio, del quale vedevi via via
rivestire la sua vita e poi anche il suo incarnato, saltava fuori una frase che
non ti aspettavi oppure una nuova curiosità che era la espressione della sua
ansia intellettuale combinata con l’indubbia sua propensione ad essere al
centro della attenzione. Dunque un artista.
Questo
è il mio omaggio a Tonito ([6]),
con un’ultima considerazione introduttiva: qualche mese dopo aver cominciato
questo scritto ho focalizzato chi mi ricorda letterariamente Tonito, sebbene
senza le ambivalenze sessuali del personaggio: il Dargelos che si incontra ne Les Enfants Terribles ([7]).
Per il resto: “but the truth is only known by guttersnipes” ([8]).
2. Incontro.
Premetto
che quella faccia io la avevo già vista, forse un lustro e più prima. Era
quella del ragazzino con cui si poteva – appunto – aver paura di finire a fare
a botte, nella strada; quello da cui i genitori ti dicevano di stare lontano,
anche se magari non veniva da una famiglia povera, ma sembrava “come se” e le
apparenze bastavano ai giudizi parentali ([9]).
Oppure
si trattava di fugaci “incroci” di sguardi fra schieramenti politici diversi?
Altezza
media, longilineo, capelli castano chiari, naso sottile, lobi delle orecchie
quasi assenti, occhi grigi e un sorriso da The Joker ([10])
che non prometteva nulla di buono.
Conosco
Tonito nel settembre/ottobre del 1977: fuori dalla chiesa sconsacrata di Largo
Formentini, in zona Brera ([11]),
prima di un concerto dei Trancefusion.
Poco
ricordo di quell’incontro fra noi due diciassettenni, parte di una scena punk
pressoché invisibile a Milano ([12])
che sbriciola anche le fazioni rosse e nere ([13]),
ma una sua frase mi resta attaccata: “la
mia fidanzata assomiglia a David Bowie, ha i capelli rossi come lui” ([14])
([15]).
Tonito
è un bowiano e sempre lo sarà, di quelli ricompresi fra Ziggy e Halloween Jack ([16])
piuttosto che accodati alla svolta del Sottile Duca Bianco, e forse una definizione
per lui potrebbe essere “A lad inSane”.
3. Tonito.
Tonito
ha studiato sassofono ([17])
(e anche violino ([18]),
pare), ma le sue scelte musicali lo portano alla chitarra elettrica (basso
incluso) e alla voce.
Dopo
qualche esperienza senza nome ([19])
milita innanzitutto ([20])
nei T.V. Vampire nel 1978, cui seguiranno a cavallo delle due decadi i Borstal
Dampers, i Mittageisen, i Chaos Brothers e i 198X ([21]).
È
sicuramente, stante anche Rosso Veleno promotrice di questo raro evento
spartiacque post-1977, fra coloro che con coscienza di causa (davvero pochi
specialmente la prima sera) sono al X-Cine di Milano per i due concerti di Adam
And The Ants del 16 e 17 ottobre 1978 ([22]).
Ed
è in quell’anno in cui il punk si cristallizza ([23]),
dopo frequentazioni alternate, che lo ritrovo iscritto a Giurisprudenza alla
Università Statale: “faccio legge per
diventare un perfetto fuorilegge”, testuale, mi dichiara a pochi minuti da
una lezione pomeridiana in aula 208 (o 201) avvolto in un impermeabile
grigioverde ([24]) già
poco bastevole ad arginare le brume autunnali.
Lì
nasce ovviamente il personaggio: con la sua scostanza affascina le compagne di
facoltà (cui magari gli altri ragazzi fanno la corte senza successo): battute
come “quella si è truccata con il ragù”
facendo riferimento ad un fard mal applicato, oppure “ha le scarpe a punta per schiacciare le formiche negli angoli” ([25])
rivolta a un compagno non fanno ridere molti dei presenti (i quali però a noi
fanno pena).
Con
fatica Tonito frequenta la prima lezione del mattino di Diritto Costituzionale;
non è inusuale che durante le ore di corso, chino sul banco, egli disegni
scenette e simili su piccoli fogli a quadretti ([26]).
Fra i denti mi dichiara la sua stima per il Professor Trimarchi, seconda ora del mattino dal lunedì al
mercoledì, docente di Istituzioni di Diritto Privato.
Qualche
volta, se c’era lezione anche al pomeriggio, si andava a mangiare insieme in
Piazza Santo Stefano, in un locale che non esiste più: Palma Focacce e mi
ricordo una sua frase curiosa, perché probabilmente essa era a cavallo fra
realtà ed invenzione letteraria ([27]):
commentando chi ci ([28])
serviva – per noi era vecchio, avrà avuto una cinquantina di anni capelli grigi
e viso segnato – disse che dai muscoli e dai tendini, in evidenza nel portare cibo
e bevande ad un altro tavolo, era chiaro che si trattasse di un ex pugile.
Si
compera gli stencil per scrivere gli slogan sui capi di abbigliamento, come
facevano The Clash.
Nella
stagione fredda del 1978/1979 – quella in cui gli argomenti di discussione
erano, direi, gli album di esordio di Siouxsie And The Banshees e Public Image Ltd.
nonché il secondo di The Clash – dal frequentarci quotidiano saltavano fuori
anche proposte che si trasformavano in suoi bidoni: un concerto di sassofonisti
jazz al Cineteatro Ciak, per esempio dove non si fece vedere; ma è anche grazie
a lui che, stessa venue, vidi: Freaks di Todd Browning ([29])
preceduto da un recital di Leopoldo Mastelloni (meglio di così avrebbe potuto
essere solo un cartellone inverso dove a seguire il film ci fosse stato Carmelo
Bene, direi) e The Man Who Fell To Earth con
protagonista David Bowie (ovviamente …).
Tonito
è un grande appassionato di cinema: anche Vanishing
Point ([30]) lo
devo a lui.
Per
adiacenza climatica, registro qui un aneddoto che risale a quell’epoca da
matricole: Tonito diceva che a furia di andare in giro comunque vestiti di poco
(tipici i suoi T-shirt e leather jacket, l’aggiunta dell’impermeabile in
inverno non variava il risultato) noi avremmo avuto i reumatismi a quarant’anni.
Talvolta
penso che così lui si è schivato i reumatismi.
Risale
ancora all’anno accademico 1978/1979, inverno, un lunedì mattina in università
a chiederci reciprocamente a mezza voce se “hai visto quel servizio in TV su
Vicki del South Bronx?”.
In
un altro pomeriggio di quei primi mesi da universitari, in sala prove: Tonito
comincia a suonare un giro di basso, e tutti dicono “che bello” convinti che
sia suo; noi due ci guardiamo con un grin
a fior di labbra come per dire “che ignoranti questi!”. Era evidente che
nessuno aveva riconosciuto “Belsen Was A Gas”.
Dopo
l’abitudine di chiudere le conversazioni telefoniche con un “ciaociaociaociao”
che va in dissolvenza, diventa un marchio di fabbrica anche la sua risata speedata; che da posa dei primordi poi sarà
inevitabile conseguenza di quello che assume.
Che
dire del concerto dei Mittageisen –
reduci dalla registrazione del loro unico singolo per il quale Tonito fornirà
anche l’immagine della copertina – al Liceo Beccaria il 1 marzo 1979, con il
cuoio a celargli la sua “Destroy” ([31])?
Tutti
tirati da morire, il pubblico che li seppellisce di insulti, Tonito che
strapazza le corde del basso in un’accelerazione nervosa della citata “Belsen”
([32]).
Nella
primavera di quello stesso anno lascerà la Statale per lo IULM (abbandonato anche quello, a
un certo punto, credo).
Delle
proprie doti nel disegno Tonito fa uso nelle sue collaborazioni a Xerox.
Lo
ricordo insofferente e strafottente fuori dal Palalido di Milano prima del
concerto di Iggy Pop ([33])
il 29 maggio del 1979.
Gli
compero a Londra una T-shirt da Seditionaries: è il Natale del 1979 ([34]),
e si tratta di “She's Dead I'm Alive I'm
Yours”. Del resto, pare sia stato uno dei pochissimi a Milano – con me – a
lamentare la morte di Sid Vicious nel febbraio precedente.
Ascolta
molta musica di generi diversi, e così ci troviamo ad apprezzare nel 1980 i
Dexys Midnight Runners nell’esordio eponimo in LP quasi in contemporanea con
Kaleidoscope di Siouxsie and the Banshees, discutendo fra i muri di Bonaparte
Dischi di Via Marghera.
Lui
pronuncia “keltic”, ancora distinguendosi, il titolo di una canzone dei DMR e
probabilmente avrebbe dichiarato di possedere i due album di Jobriath anche se
ciò non fosse stato vero.
Fra
gli aneddoti dei primi anni ottanta c’è quello dell’album No Sleep ‘til Hammersmith dei Motörhead impiegato, così lui dice,
quale suoneria della sua radiosveglia.
Verso
il 1984 le cose per Tonito cominciano a mettersi piuttosto male. Abita al
Casoretto ([35]) in
quel periodo, in Via Casoretto 50 per la precisione.
In
più di una occasione, sicuramente due, forse tre, mi telefona nel tardo
pomeriggio di domeniche già autunnali: ha bisogno di soldi e quindi vende:
dischi e magliette. Con il ricavato, è evidente, deve comperarsi droga. Nelle
sue telefonate l’entusiasmo della voce non c’è più.Eppure il corpo gli regge abbastanza bene, nonostante i tentativi di detox non lo portino da nessuna parte.
Gli
altri ricordi sono tutti brandelli, in mente mi restano:
-
un madornale disastro di capelli e sopracciglia tinti
di biondo nell’estate del 1982, durati qualche decina di ore dopo essere
apparso da Tape Art, negozio di dischi, con evidenti perplessità senza che
nemmeno dovessimo dirglielo noi;
-
oppure anni dopo, una sera, verso mezzanotte, lo
incrociamo al Bar Quadronno, praticamente in pigiama e Converse perché non
aveva sonno ed era sceso ([36])
a bersi qualche cosa e comperarsi le sigarette;
-
ancora, forse tornato nelle sue zone di gioventù, lo
incontrai per caso una sera al cinema Ducale di Piazza Napoli, a vedere uno di
quei film che interessavano solo noi;
-
un concerto dei Ramones al Rolling Stone, in balcony: io, lui e Tiberio.
4. “Cuoio e czarniani”.
Brandelli.
Gli
interessi sono quelli. Come me aveva una copia del Hell’s Angels di Hunter S. Thompson: da lì gli organigrammi delle bike gang scribacchiati a lezione
aspettando “l’ora di Trimarchi”.
E
sempre quella è fonte di citazione delle élite cabalistico percentuali, ovvero
il suo leggendario pin badge di metallo a recitare “Lucky 13 1%” che racchiudeva
l’essenza degli Angeli ([37]).Tonito aveva dei leather jacket che parevano forgiati solo per lui: il dettaglio li rendeva inconfondibili, anche se magari quello che gli si vedeva indosso era frutto di uno scambio. Allo stencil di “198X Palach Memorial” ([38]) si abbina sulla manica il patch del Mickey Mouse fan club ([39]): amo pensare che quel patch possa essere un regalo di un viaggio altrui, addirittura parte del tesoro infantile del piccolo Antonio ([40]).
Forse
l’ultima volta che lo vidi, un sabato pomeriggio, fu in un negozio di fumetti
di comune frequentazione.
E
mi diede una dritta finale: nel casco da moto (che poi era una vespa grigia) che
aveva al polso come un cestino da spesa teneva alcuni albi di Lobo, un
personaggio cattivo, extraterrestre biker proveniente dal pianeta Czarnia, un
incrocio fra Lemmy (Kilmister, leader dei Motörhead) e Zodiac Mindwarp ([41]).
Si andò poi a bere in un bar vicino, in Via Lecco, ricordo che ordinò un Negroni.
E
poi?
Nulla,
sino a faticose ricerche, per scoprire solo quel pochissimo: trasferitosi fuori
Milano, apparentemente sposato (lui?) e il decesso poco dopo le ore una di
notte.
5. “Epilogo”.
Ci
si può porre due ipotesi, alternative, per il futuro di Tonito: “tanto sarebbe morto presto lo stesso”, “invecchiando sarebbe diventato un nulla”.
Vedo
in giro uomini per i quali la propria paternità pare metadone, rispetto ad una
vita che altrimenti li distruggerebbe. Un figlio non gli avrebbe cambiato niente.
Il
suo antagonismo non lo avrebbe portato a inventarsi una professione fortunata,
come è capitato ad alcuni.
Alla
fine, si può concludere che “poteva
morire meglio” ([42]).
Avete visto Sherlock ([43]), in
particolare l’episodio finale della Seconda Stagione?
Indipendentemente da ciò,
il dato inequivocabile è che Tonito non era un cinico gratuito.
Solo che lui non poteva
che difendersi da un prossimo stupido in un solo modo: prima analizzandolo e
poi versandogli addosso i difetti, le meschinità, le limitazioni di quel
prossimo. Tutto materiale invisibile per quelle persone modeste che ben vivevano
e vivono nella propria mediocrità esistenziale.
Quindi non poteva vivere –
Tonito – mediocremente, come un Alex sedato dalla cura Ludovico Van ([44]) ([45]).
Ecco, allora, che questo
lungo scritto non è una lapide pur se resta un memorial.
Grazie Tonito per il
cinismo, la lucidità, gli spunti intellettuali e tutto quanto, anche quel tuo disprezzo
difensivo. Tutto ormai capito e ben assimilato, da me.
No, non finisce qui.
Pur sembrando come una
mano che applaude da sola, qualche volta mi chiedo come commenterebbe lui certi
nuovi album (ad esempio One Day I’m Going
To Soar dei Dexys).
E, NEL 2022 …
“Qualche ragazzo bello e andato a male” [Emilio Tadini, La tempesta, Torino, Einaudi, marzo 2003, prima edizione (pubblicata nella collana Supercoralli), p. 243.]
Steg
Tutti i diritti
riservati/All rights reserved. Nessuna parte – incluso il suo titolo – di questa opera e/o la medesima nella sua interezza può essere riprodotta e/o
archiviata (anche su sistemi elettronici) per scopi privati e/o riprodotta e/o
archiviata per il pubblico senza il preventivo ottenimento, in ciascun caso,
dell’espresso consenso scritto dell’autore.
Particolare dell'interno della copertina del singolo dei Mittageisen |
[1] Il
Colonel Kurz di Apocalypse Now
(dall’originario ed originale Walter Kurz – “a very remarkable person” di Heart
Of Darkness di Joseph CONRAD), magari?
[2] Emuli
dei “Part Time Punks” cantati dai TV Personalities sin dal 1978.
[3] Per
chi non ha velleità rivoluzionarie, e anche per i rivoluzionari, l’elemento
elitario rimane una costante.
[4]
Realizzato partendo dalle note sparse del mio diario e altro.
[5] Il 6
dicembre.
[6] Nato
Antonio (Nicola Benedetto) a Milano da famiglia di origini della Venezia
Giulia, di Fiume (Fiume, Italia; non Rijeka, Croazia) per la precisione (e si
veda infra), ma passato agli annali
generazionali con questo alias per
motivi riconducibili ad Adam And The Ants.
Siccome
nulla è causale, rispetto all’epica di Fiume ricordo ex multis: F. GERRA, L’impresa
di Fiume, Milano, Longanesi, 1966; G. D’ANNUNZIO, La penultima ventura. Scritti e discorsi
fiumani, Milano, Mondadori, 1974; C. SALARIS,
Alla festa della rivoluzione,
Bologna, Il Mulino, 2008; G. MARCONI, Le
stelle danzanti – Il romanzo dell’impresa fiumana, Firenze, Vallecchi,
2009.
Per chi
volesse, invece, approfondire la nera pagina delle epurazioni operate dalle
forze militari jugoslave e all’esilio degli italiani di Fiume potete partire da
http://www.arcipelagoadriatico.it/storia/fiume/4h.html
e http://it.wikipedia.org/wiki/Esodo_istriano.
[7] Così nelle righe di Jean COCTEAU: “le type de tout ce qu ne s’apprend pas, ne
s’enesigne pas, ne se juge pas, ne s’analyse pas, ne se punit pas, de tout ce
qui singolarise un être, le premier symbole des forces sauvages, qui nous
habitent, que la machine sociale essaye de tuer en nous, et qui, par- delà de
bien et le mal, manœvrent les individus dont l’exemple nous console de vivre”.
Ovvero “coq du collège, chef de bande,
cancre impuni” prosegue Jean-Marie MAGNAN (Cahiers Jean Cocteau, n. 8, 1979).
Un
altro riferimento letterario è rivenibile in un romanzo di Michael BRACEWELL:
Paul, l’amico del protagonista di Perfect
Tense, è una specie di Tonito più raffinato e con una più lenta caduta
nell’abisso: “The City claimed him as
soon as he left university and within
it he saw the triumph of stupidity. He should have been a Burroughs or a
Rimbaud – but he thought that they were stupid as
well; the black heart of his nihilism admitted no allegiance to cultural icons.
He was an aesthete who could see only the enemies of beauty; he burned out his
sudden enthusiasms. Johnny Rotten reminded him of Old Man Steptoe.
“I set Paul up, high on a pedestal, as a Hero Of Our Times. He reminded
me of a beautiful woman who tries her best to be ugly – but I was too naïve, or
too stupid, to stop and consider why that should be. But Paul has lingered as
my intellectual conscience, on and off, even though I haven’t seen him for the
best part of the decade” (p. 50 dell’edizione tascabile nella collana Vintage di Random House
del 2002).
Troppo
capo branco piuttosto che lupo solitario lo Zanardi di Andrea Pazienza per
essergli simile nella quasi loro contemporaneità.
[8] The Clash, “Garageland” (di Joe Strummer e Mick
Jones).
[9] Per
fortuna trent’anni fa la letteratura sul disadattamento giovanile era
sicuramente lombrosiana e non politicamente corretta.
[10]
Volendo, un giovane Leonardo Di Caprio avrebbe potuto impersonarlo.
[11] “[…]
nell’ottobre del ’77, Milano era un
paesaggio da terremoto” (M. CRIPPA, Enrico
Ruggeri, una certa idea dello swing, di Milano e della vita, in Il Foglio, domenica 10 marzo 2002, p.
1).
[12] Chi
vuole notizie su quella scena dell’epoca può leggere quanto scrivo in altri post del blog, cui adde quanto
scritto nella prossima nota 14.
[13] Il 1977 ha una lettura
politica ed una musicale, con le assurde regole di inquadramento ideologico che
appunto possono portare ad abbandonare orientamenti ormai fini a loro stessi.
Massima sintesi è la seguente: “Da un
lato c’era chi – nell’introduzione a una monografia del 1980 sui Rolling Stones
– affermava: ‘Noi siamo diventati “di sinistra” sognando la faccia truce di
Keith Richard e la parola roca di Mick Jagger’. […] Lo stesso Enrico Ruggeri ha ricordato quel clima: ‘Questa era
l’illuminata sinistra degli anni ’70… Se amavi il rock decadente, da Lou Reed a
David Bowie, per non parlare degli Sparks, influenzati da Frank Zappa, Captain
Beefheart e Todd Rundgren, eri visto quanto meno con sospetto …’ Tra chi tirava
di qua e chi demonizzava di là, comunque, si consolidava la vulgata che il rock
e la sinistra fossero tutt’uno” (voce “Rock, Rock, Alalà” in L. LANNA e F.
ROSSI, Fascisti immaginari – Tutto quello
che c’è da sapere sulla destra, Firenze, Vallecchi, 2003, p. 415).
Il
fatto è che io appunto ero dichiarato “non in linea” causa Sex Pistols e The
Clash. Quanto poi a Mick e Keith, forse le notizie in merito ad Exile On Main Street non erano ben
chiare all’ombra delle bandiere rosse?
Se i
tuoi non giovani genitori sono nativi di Fiume, forse simpatia per la sinistra
(ricordo come Tito per anni fu visto in Italia come la “faccia buona” del
socialismo reale; delle foibe si parla diffusamente da non molti anni).
Dunque:
“E chissà perché della musica del
Movimento tutti si ricordano la
Bologna degli Skiantos, e invece fu il punk quello che suonò
la marcia funebre della politica” (M. CRIPPA, op. cit.), almeno per noi, che abbiamo mantenuto le nostre
individualità ed idee, alla fine ribelli rispetto a tutto eppure elite di unici.
[14] Si
rende necessaria qualche precisazione ulteriore rispetto a cosa significa
essere un teen-ager a Milano a
quell’epoca.
La
“Fiera” (quella descritta anche da Marco Philopat, infra) a Milano è il punto di incontro per le più disparate anime
tormentate dal fatto di essere giovani, ovvero dalla necessità di – almeno –
poter disporre di musica per lenire la ingrata stagione generazionale che li
attanaglia.
Siccome
essere giovani non ha mai significato, almeno dopo il 1971 (diamo un anno di
decompressione), ascoltare The Beatles, non stupisce se gli alfieri del
malessere giovanile sono – anche per più facile reperibilità, inutile negarlo
(Iggy Pop da solo o con The Stooges e The Velvet Underground sono più
difficilmente ascoltabili alla radio od acquistabili quanto a “dischi”) – The
Rolling Stones e poi, appunto, David Bowie. Ma David Bowie va oltre, perché
(“Rebel Rebel” lo spiega benissimo) egli evita la eventuale possibilità che
qualche genitore possa pensare di capire i propri figli (occorre tenere
presente la, mera, adiacenza temporale fra anni sessanta e settanta) e comporta
in effetti una frattura fra rock e pop, o se si preferisce fra rock sudato e
rock estetizzato, che già Marc Bolan con i suoi T. Rex (e per forza si rinvia a
“All The Young Dudes”, cosicché il name
dropping impone anche Mott The Hoople) ha conclamato.
In
questo contesto, degno di nota è il fatto che alla Fiera i ragazzi si scambiano
e si vendono – nel 1976/1978 – non soltanto i dischi di David Bowie, ma anche
quelli, o quello: l’album Slaughter On
Tenth Avenue, di Mick Ronson, molto più che il semplice chitarrista cui si affida
David Bowie per alcuni anni.
Dunque
David Bowie si rivela, più o meno scientemente, il ponte più pratico (non
popolare o facile, ma solo più disponibile come prodotto) con il punk rock
anche quale tramite di artisti della sua galassia (come del resto testimoniano
Slaughter and the Dogs che in una esibizione al Roxy di Londra si presentano
come “We are Slaugther and the Dogs, we
are Massacre and the Cats”: Ronno per Ziggy e oltre; chi non lo capisce
evidentemente è già decrepito).
Almeno
due riferimenti biografici rispetto a David Bowie sono imprescindibili: scelgo
quello (anche) a mio avviso più autorevole, seppur controverso: Peter e Leni
GILLMAN, Alias David Bowie, London,
1986 e il volume di referenza per antonomasia: Nicholas PEGG, The Complete David Bowie, London,
edizione 2011. Entrambi hanno (avuto) traduzioni in Italiano.
[15] La
fidanzata dell’epoca è Rosso Veleno, sorta di vestale del punk milanese
(piuttosto una ribelle in sandali stiletto patent
leather di Sex/Seditionaries, scappata dal marito benestante portandosi
dietro il figlio, che non una asessuata in anfibi come Patti Smith) che ti
accoglie nel suo appartamento di Viale Piave con fra le dita un bicchiere di
vino ed una sigaretta.
Senza
di lei non ci sarebbero stati i due concerti di Adam And The Ants a Milano il
16 e 17 ottobre 1978, e quindi una buona fetta della scena musicale nata quale
autentica “conseguenza” di quei gig.
Per il
suo stile letterario, si veda il volume a cura anche sua pubblicato nel gennaio
1978 da Arcana, intitolato Punk
(qualche avvisaglia anche nel precedente tomo Arcana: L’arcipelago pop) e i suoi mezzi proclami sulla fanzine Xerox fra i quali quello qui citato a
breve. Un profilo critico, 30 anni di età nel 1977 non sono pochi …, si legge
in Punk alla carbonara (a cura di
ELETTRO e GLEZOS, un private printing
o quasi di El Passerotto, 1998 e poi 2000).
Anna
(il suo vero nome), bowiana inscalfibile e autentica frequentatrice del milieu McLaren-Westwood-Sex Pistols e a
seguire di A&TA, tornata negli ultimi tempi nella sua Sicilia d’origine,
morirà a Milano qualche anno dopo Tonito.
[16] I
capelli rossi sono una evoluzione del periodo Ziggy Stardust e non un punto di
partenza: per cui nell’album quasi eponimo David Bowie ha i capelli biondi,
mentre è appunto nella fatica successiva che l’artista sfoggia una capigliatura
– certamente sfumata nell’impatto dalla saetta presleyana che gli solca il
volto – fiammeggiante ma già virante verso il color arancione.
[17] “Come David Bowie”, ama precisare.
[18] Come Mick Ronson.
[19] Fine
1976, con Tiberio, Marcello e Franco. I riferimenti sono: Rolling Stones, New
York Dolls, David Bowie, massimamente.
[20] Un
poco confusi nei nomi delle formazioni – o è un’altra patente di ’77 kid autoelargita? (ce ne sono state
non poche) – sembrano i ricordi del solo biografo di quell’epoca cui pare sia
data dignità per la storia del punk a Milano: “All'interno della cronaca dei Sex Pistols su "Pogo" si fa
cenno alla "casa più punk di Milano" – è la casa di una ragazza –
Rosso Veleno – collaboratrice della punkzine – grazie ai diversi viaggi in
Inghilterra era diventata punk già da tempo – è proprio lei che si fa
promotrice della nuova pubblicazione – nei primi mesi del settanta[nove] esce "Xerox" la prima rivista
interamente stampata con la fotocopiatrice - l'editoriale è tremendo - "a
proposito di musica – dischi e punk – si - punk!!!" scritto dalla stessa
Rosso Veleno – è una denuncia al provincialismo imperante in Italia – io me lo
sono quasi imparato a memoria - " LA PROVOCAZIONE è ben
altra cosa - non il costume del sabato o la discoteca-ghetto - E' L'ATTITUDINE
- come vivi da quando apri gli occhi la mattina a
quando li richiudi di notte - non è
un'etichetta che compri nè da Seditionaries di Vivienne Westwood nè da Carù -
unico negozio di dischi punk- e allora chi continua a parlare di punk e
perchè?? – chi ne parla è un estraneo – altrimenti avrebbe vergogna a usare una
parola inventata da altri- per inscatolare e soffocare/definire chi questa cosa
se la vive e basta - qualsiasi nome abbia - QUINDI IL PUNK NON E' MAI MORTO - PERCHE' - PER
FORTUNA UN MOVIMENTO PUNK NON E' MAI
NATO "...Rosso Veleno una tipetta elettrica vestita in
pelle nera con il chiodino rosso e i capelli decolorati - l'ho conosciuta in
Fiera di Senigallia insieme a Tonito dei 198X – un gruppo tipo Buzzcocks - con
loro sono andato ai festini dei Chrisma – ballando il pogo nel salone – facendo
le mie prime amicizie tra i punk milanesi ...” (Marco PHILOPAT, Costretti a sanguinare, Milano, Shake,
prima edizione, 1997, p. 10; poi ristampato anche da Einaudi); “il momento più importante […] per me è senza dubbio il sabato pomeriggio
in fiera di Senigallia – dove posso trovare un bel po’ di altri punk – tre o
quattro… Tiberio Tonito e Rosso Veleno – sono giacimenti viventi di
informazioni – ci scambiamo le notizie sulle band – sui vestiti – sui party
dove ci si può sfogare – si fa scambio di badge – di 45 giri di importazione –
di preziose punkzine londinesi – dopo qualche ora però incomincio a stufarmi e
mi verrebbe anche voglia di fare qualcos’altro – no so – almeno una lattina di
birra – invece questi sono delle morchie - - alle sei e mezzo se ne tornano a
casa dalla mamma – solo Tonito fuma hashish – è anche l’unico con cui riesco a
legare un minimo – alle 8 di sera vado in solitaria da Scoffone alla Statale […]”
(idem, p. 12).
Per le
prime 29 pagine, il capitolo dal titolo “I capelli sono fondamentali-nascita
del punk” vale la pena del prezzo, sebbene il volume sia il ricordo di chi è
“affacciato verso” piuttosto che quello di chi “è dentro” la scena; poi si va a
finire in una visione assolutamente distorta di tutto (ma questa non è la sede
per smantellare il libro).
[21] Per
una disamina accurata e non riferita al solo Tonito di queste band, rinvio al sito www.elpasserotto.it.
Rispetto
ai 198X volendo si veda anche il mio post “A proposito di Jumpers e 198X”.
[22]
Potendone trovare copia, si rinvia a Whip
Avantgarde – Adam & The Ants in Italy, album fotografico e testuale
pubblicato nel 2004 da El Passerotto (catalogo VSOP 109).
Rispetto
agli “originali” A&TA, cioè le varie formazioni che precedono il successo
dell’autunno 1980 (i puristi potrebbero anche chiudere con la fine del decennio
precedente), il miglior sito internet rimane http://antmusic.simondaw.me.uk.
[23] Nel
senso che il nuovo sarà altro: post punk per la scena britannica, no wave per
quella statunitense specialmente newyorkese. Per il vecchio, invece, l’Italia.
[24]
Probabile army surplus con
riferimenti ad Adam Ant (l’impermeabile di Ian Curtis arriverà dopo).
[25] Nel
romanzo The Wanderers di Richard
PRICE dei boot sono chiamati “roach killers”: lesse il libro?
[26]
Andate a vedervi i miei tre post
intitolati “Tribute to Tonito- Is it coming sometimes, maybe?” dove riproduco i
disegni che lui mi regalò.
[27] A me
ricorda Typhoon, ancora un’opera di
Joseph CONRAD, in cui c’è l’aneddoto dell’ex fuochista che, tale non essendo
più, si taglia le piante dei piedi saltando sui cocci di vetro.
[28] C’erano
altri due compagni di corso: Alessandra e Marco quel giorno.
[29]
Incidentalmente, fonte di ispirazione per Diamond
Dogs, sia la canzone (si veda il testo) sia l’album.
[30] Film
non molto conosciuto nemmeno oggi, del 1971, diretto da Richard C. Sarafian.
[31] “La Destroy ” – solitamente
nella versione t-shirt, più raramente in quella a manica lunga (ma sempre in
cotone, mai a Milano nella versione “garza” più pregiata) – è la maglietta con
svastica e crocefisso capovolto realizzata da Malcolm McLaren e Vivien Westwood
e divenuta il capo più noto del loro negozio di King’s Road (per quanto qui
rileva, con il nome Sex prima e Seditionaries poi) attraverso i Sex Pistols.
La
svastica, chiaramente, fuori dal Regno Unito poteva pressoché garantire la
perseguibilità per apologia di fascismo/nazismo, il crocefisso probabilmente
quella per vilipendio alla religione cattolica.
[32] Per
sentire la voce di Tonito (in apertura a due canzoni dei 198X) oltre al suo
suonare e gli insulti ricevuti quel primo di marzo, si veda l’album antologico
curato e prodotto da El Passerotto: Le
Punk c’est ça! (VSOP 105).
Per
altro materiale rinvio anche ai compilatori Punk
alla Scala (VSOP 106) e Sexy Ipnotico
(VSOP 101), sempre di El Passerotto; in particolare il secondo di questi album
contiene anche le due registrazioni costituenti quell’unico disco, un sette
pollici, dei Mittageisen che è una autentica rarità.
[33] Con
gli Human League ad aprire: sorta di cambio della guardia musicale.
[34]
Dettaglio stilistico: io milito mod a quell’epoca, quindi Seditionaries è un
bel detour.
[35] Per
chi è di Milano, ha senso semplicemente attraverso la giustapposizione dei
quartieri capire le traiettorie di vita delle persone: così è chiaro che non se
la passa troppo bene.
[36]
Allora abitava lì “sopra” in Corso di Porta Vicentina, al 34 con la sua
fidanzata Paola.
[37] Tredici
sono i commensali dell’ultima cena e l’identificazione è con Giuda; mentre
l’uno per cento dei motociclisti USA negli anni ’50 del ventesimo secolo era
qualificato come fuorilegge.
[38]
Volendo indice di non allineamento politico a sinistra: vedi la voce “Praga”,
in L. LANNA e F. ROSSI, op. cit., p.
385, oppure provocazione, oppure entrambi.
[39] Ben
precedente al Full Metal Jacket di
Stanley Kubrick.
Ma
ricordo anche come in una foto in bianco e nero del periodo della
collaborazione fra Iggy Pop e James Williamson (circa 1975) che portò all’album
Kill City, Iggy Pop abbia sul
taschino destro del suo jean jacket un badge con Winny The Poo e la scritta
Disneyland.
[40] Andate invece a vedere il post “Tribute to Tonito- Is it coming
sometimes, maybe? (bonus pin)” per Felix The Cat.
[41]
Nonostante il personaggio sia dichiarato come ispirato ai Kiss, le vere
somiglianze sono evidenti. Zodiac Mindwarp (accompagnato dai Love Reaction) era
soprattutto il riferimento per Tonito: si rinvia per un ascolto all’album di
esordio: Tattoed Beat Messiah.
[42] “Time – he’s waiting in the wings/ He speaks of
senseless things/ His script is you and me, boy […]/ Time […]
demanding Billy Dolls and other friends of mine” (David Bowie, “Time”: scritta il 14 novembre
1972 ed inserita nell’album Alladin Sane dell’anno
successivo).
[43]
Serie televisiva BBC trasmessa dal 2010.
[44] A Clockwork Orange .
[45] “Day after day/They take some brain away”: David Bowie, “All The
Madmen”.
[46]
David Bowie, “The Supermen” nella versione un poco contaminata e distorta di Rare And Well Done o in quella abissale
di Bowie At The BEEB (in realtà
esistono tre versioni registrate in sessioni BBC, per quanto mi è dato di
sapere, non sono un esperto).
Chi vuole farsi un'idea più precisa del perchè Tonito fosse inevitabilmente attratto da Zodiac Mindwarp & The Love Reaction ignori 'Tattoed Beat Messiah' e vada dritto al precedente 'High Priest Of Love' (Food Records), video incluso (You Tube), oppure al maxi single 'Wild Child', uscito pure prima. Molto probabilmente Tonito avrebbe dato un braccio per essere nel primo line-up di ZM&TLR. RIP.
RispondiElimina