NERO,
ROSSO, FORCHETTE, STELLE
(la
morte della critica gastronomica)
Di ritorno da una gita, a Torino, dove
pretenziosi (credo “sinceramente democratici”) osti stanno con le natiche
strette quando capiscono che sin da subito la trattoria da pretenziosi
(appunto) va bene per i clienti che lottano fra variabile e fisso (il tasso del
mutuo immobiliare): un sorso di acqua dalla bottiglietta celata, siccome
ordinare una minerale costa.
Ma io ho 60 anni molto abbondanti di frequentazione di tavoli di ogni
genere e classe.
Il titolo di questo post declina e sintetizza la Guide
Rouge Michelin.
Poi quasi mezzo secolo fa (non ho voglia, quindi tempo,
di precisare) cominciano le guide alternative di pennivendoli italiani che per
un pasto gratis ...
Qualche duro e puro (o è meglio dire irriducibile) c'è.
Ma alla fine Edoardo Raspellli prende abbagli come Veronelli (il Luigi, ma molto
Gino) smascherato con pesce da banco surgelati (leggi Findus) scambiato per
soglioletta dell’adriatico non di allevamento.
Ma anche i clienti, ormai: nessuno sarebbe mai andato a
cena senza giacca in un “quattro forchette” (in realtà esse incrociavamo,
ciascuna, un coltello).
E il colore rosso? Beh “ameno”.
Come mi pare fosse "ameno" il ristorante Bibendum (piaceva anche
a Francis Bacon), più o meno dalle parti di Kensington (London). Alloggiato,
più che ubicato, in un garage della Michelin.
Cerchio chiuso.
Steg
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